Zazie nel metro – Raymond Queneau
E in due giorni a Parigi vedrà il corpulento zio Gabriel esibirsi leggiadro in un balletto di danza classica; un conducente di taxi dal cuore tenero in cerca dell’amore; un pappagallo decisamente querulo; la dolce zia Marceline farsi sorprendentemente’ dolce; un flic diabolico, un pietoso satiro, una vedova disperata e malinconica. E si troverà coinvolta in inseguimenti, risse, tour guidati per turisti inesperti, fughe, smancerie varie, sconclusionati discorsi da adulti insoddisfatti, fiumi di granatina.
Eppure Zazie, che era venuta a Parigi giusto per fare un giretto nel Metrò, il Metrò non lo vedrà mai. Causa sciopero (Ah, porci! Ah, cialtroni! Farle una roba così!). Ospite a casa dello zio, un bel mattino fuggirà di casa e finirà per imbattersi in un’umanità decisamente vorticosa. Ragazzina sboccata e impertinente, sorprendente e sorprendentemente saggia, sguazzerà nella confusione in cui si ritrova, fino a confondersi col sogno e farsi sogno del sogno. Verrà scalzata dal suo ruolo di protagonista per fare spazio ad un tourbillon di ombre strampalate e bizzarre, finirà per infastidire tremendamente il lettore, finirà per conquistare qualunque lettore. Perché il suo vagare incalzante è un meraviglioso e anomalo viaggio di formazione minato da innumerevoli sorprese e contraddizioni, eppure così leggiadro e irriverente da farsi liberatorio. Capiterà che il lettore non saprà mai cosa aspettarsi, non si abituerà a nulla, non riconoscerà nessuno. Come in ogni sogno o allucinazione (o realtà?), tutto sembrerà il contrario di tutto.
Così, questo libro ironico e colto finisce per diventar una colloquiale e straniante lettura del mondo reale. Tanto da assomigliare ad un miraggio. Capiterà, perciò, che questo romanzo dall’architettura impeccabile e quasi classica finirà poi per dissolversi e rivelarsi tarlato in più punti. Come se Queneau (così notava Roland Barthes) lottasse con la letteratura. Romanzo rapido, per lettori complici, strizza continuamente l’occhio. La parodia, talvolta corrosiva, sa farsi a tratti quasi incidentale, amichevole e leggera. In più, magia nella magia, serpeggia tra tutto quell’avvicendarsi di personaggi, situazioni e sorprese, un linguaggio strabordante, nuovo, colloquiale, surreale; un’inventiva linguistica che rende la comicità quasi incontenibile, eppure mai violenta.
Un delicato e abilissimo equilibrio tra norma e trasgressione fa di questa favola moderna un capolavoro. Il lettore verrà preso per la collottola e trascinato di peso a Parigi.
E in due giorni a Parigi vedrà come si fa a diventare saggio.