Oltre le sbarre il migliore dei mondi possibili?
Le 'Visioni' di Scabia, Billi e Out Pratello
La società occidentale vive di una serie di regole morali e etiche che tutti sono tenuti a rispettare. Precetti frutto di secoli di civilizzazioni, guerre e conquiste, che ci hanno portato a credere che questo sia il migliore dei mondi possibili. Così, dopo anni di lotte e battaglie, queste norme ora vengono considerate non più conquiste civili ma diritti acquisiti: tanto che quando queste libertà vengono messe in discussione da qualcuno che non rispetta o semplicemente non condivide tali regole, si genera un senso di pericolo destabilizzante. Rimane, allora, solo una cosa da fare, trovare il colpevole dell’abuso e agire sempre secondo quelle regole morali e etiche che fanno civile il nostro paese.
Nel migliore dei mondi possibili è stata prevista anche una via per i colpevoli: il carcere. Un luogo dove speriamo vengano rinchiusi ladri, stupratori, spacciatori, omicidi e tutti coloro che minacciano la nostra libertà. Ciò che accade dentro quelle mura, però, di solito non ci interessa. Il dentro non ci appartiene, è un confine che non siamo tenuti a oltrepassare, lo lasciamo a un mondo ghettizzato, lontano. Ogni tanto le parole sovraffollamento, suicidi e reinserimento colpiscono la nostra attenzione, ma come meteore sono immediatamente assorbite da un universo di altri problemi che riguardano il mondo fuori dalle sbarre.
C’è invece qualcuno che quel confine lo valica quotidianamente, ma non si tratta di secondini o guardie giudiziarie, no, sono i teatranti. Un mondo senza teatro non può esistere e anche nell’universo carcere deve esserci uno spazio di tempo dove il rito del Teatro prenda vita. In Italia pioniere in questo campo è stato sicuramente il Laboratorio Teatrale nel carcere di Volterra (Ass.ne Carte Blanche, direzione Armando Punzo 1988), da quest’esperienza sono germinati progetti analoghi che hanno dato il via ad altre esperienze teatrali nella vita dei detenuti. Una di queste è la Compagnia Out Pratello, nata nel carcere minorile di Bologna nel ’98. I giovani detenuti guidati dal regista Paolo Billi e da altri attori volontari ogni anno portano in scena uno spettacolo teatrale, cresciuto dietro le sbarre ma destinato al mondo di fuori. Quest’anno il ponte magico che ha unito il dentro al fuori è stato un testo del poeta-drammaturgo Giuliano Scabia: Visioni di Gesù con Afrodite.
Un testo complesso che ha come punto di partenza le storie più rappresentative del nostro tempo, quelle del Vangelo: i racconti degli ultimi, scelti per essere testimoni di una rivoluzione religiosa, sociale e culturale mai vista sulla Terra. Queste storie sono state raccolte dai ragazzi del carcere minorile (molti dei quali stranieri e distanti dalla cultura cristiana); il gap è stato superato grazie alla polisemia del testo che affronta i Vangeli legandoli a una storia d’amore e sensualità tra il giovane Gesù e la bella Maria Maddalena: un amore puro e adolescenziale in grado di tradurre universalmente la profondità narrativa delle parabole del Cristo.
Sotto la schiettezza e la fresca ingenuità di uno spettacolo nato da un laboratorio, si nasconde la poesia di Scabia: Visioni di Gesù con Afrodite è un’esperienza teatrale corale simile a un tableau vivant che svela il valore del teatro come atto di riconquista della libertà, per farci continuare a sperare che alla fine forse questo mondo potrebbe diventare, davvero, uno dei migliori possibili.
Letture consigliate:
Paolo Billi con la Compagnia Pratello Out porta in scena Visioni di Gesù con Afrodite di Giuliano Scabia, di Massimo Marino (BOblog CorSera)
Arena del Sole, Bologna – 6 gennaio 2015