Morte al senso
Il suicidio assistito di DoppioSenso Unico con 'La Variante E.K.'
All’entrata di alcuni cimiteri campeggia la scritta: Venite vivi a visitare i morti prima che morte a visitar vi venga.
Questo benvenuto da Campo Santo potrebbe suonare macabro, da scongiuri a mani basse, eppure è un esempio di quell’istintivo quanto necessario esorcismo della fine che mettiamo in pratica inventandoci una qualche vita dopo la vita, o ironizzando sulla morte, rendendola un gioco, uno scherzo.
Dunque una deviazione dall’inevitabile, un paradosso, un DoppioSenso Unico, che a teatro può trovare piena realizzazione: il duo Ruocco-Talarico cui il Teatro dell’Orologio dedica la trilogia Niente di nuovo sotto il suolo, in scena fino al 17 gennaio vive (o si potrebbe dire muore) di questo.
La variante E.K. è quindi un gioco, una scorrazzata per capitoli e variazioni sul tema della grande mietitrice: sulla scena solo uno sgabello e, sul fondo, un tavolo su cui giacciono gli strumenti (maschere e oggetti Stefania Onofrio) che verranno utilizzati per condurre un malcapitato spettatore verso un suicidio (più o meno) consapevole.
Scelta la pedina di questa scalata verso l’inesorabile, il duo comico che sembra quasi una proiezione carnificata del cappellaio matto e del leprotto marzolino di Alice nel Paese delle meraviglie inizia a stropicciare con il livore del non-senso i concetti su cui si fonda l’idea, tutta occidentale, del suicidio, del martirio, della morte: si passa dal Far West con tanto di cavalli vestiti di cattiveria antropomorfa e portatori di bara/bar/biro/bora/baro/bari, fino ai passaggi più incisivi in cui viene messo in discussione il dualismo cattolico tra martirio e suicidio, con un Cristo spocchioso che dall’alto del suo pulpito/croce deve arrendersi (e noi con lui) all’immobilismo e rinunciare alla sua millantata onnipotenza.
Nella non-narrazione costruita dai DoppioSenso Unico si avverte la vicinanza talvolta al limite della sovrapposizione dell’esperienza targata RezzaMastrella, ad esempio nella modulazione funzionale della voce, o nella costruzione di alcuni dei quadri che compongono lo spettacolo; nessuna accusa di mancata originalità, solo un’identità che forse deve ancora fortificarsi per diventare autonoma e più incisiva. Viene in mente anche la comicità di un altro duo, Lillo&Greg, rintracciabile proprio nella caratterizzazione surreale della composizione drammaturgica, in quel distacco da spiritelli dispettosi, che si pone come dispositivo per far cadere gli accenti tonici del non- senso, là dove è proprio la sovrabbondanza di sensi a restare schiacciata nell’enorme equivoco del conformismo, dell’angolazione di veduta univoca rispetto a qualsivoglia argomento.
Alla fine però l’esorcismo si compie e quel suicidio rimane sospeso, invertito e divertito: se proprio bisogna morire, sarà una risata meditata a seppellirci.
Letture consigliate:
• gU.F.O o l’alieno interiore: arguta e amara l’ironia di DoppioSenso Unico, di Sarah Curati
• Operamolla – DoppioSenso Unico, di Sarah Curati
• Il Doppio Senso – Unico – de La variante E. K., di Simone Nebbia (TeC)
Ascolto consigliato
Teatro dell’Orologio, Roma – 15 gennaio 2016