Us – Noi
Noi divisi, in un mondo diviso. Un elisir del diavolo, fuori dagli schemi.
A due anni dallo scioccante debutto di Get Out, il secondo lavoro del perturbante Jordan Peele è un ritratto caustico della catastrofe che minaccia l’individuo abbandonato dalle certezza, una satira sull’essere umano spoglio delle sottigliezze sociali e sommerso in un mondo fatto di angoli oscuri e dimenticati. Lo specchio si è spezzato, ma cosa riflettono i frantumi? I Wilson, una famiglia di colore della media borghesia americana, percorre la costa di Santa Cruz per raggiungere la loro casa estiva. Nella macchina risuona come un inno “I got 5 on it” dei Luniz. La mamma Adelaide (Lupita Nyong’o), il papà Gabe (Winston Duke), la figlia adolescente Zora (Shahadi Wright Joseph), e il piccolo Jason (Evan Alex) tengono il ritmo della canzone con lo schiocco delle dita. Torniamo nel 1986. Il presidente Reagan sostiene l’Hands Across America, il fallimentare evento benefico contro la povertà sponsorizzato in modo consistente nelle tv via cavo. Proprio la superficie riflettente del televisore, come accadeva in Secondo Amore di Douglas Sirk, diventa lo specchio nel quale Adelaide può vedere, da bambina, i segni della confusione che vive interiormente.
In un Luna park sulla passerella di Santa Cruz, simile a quella vista in Ragazzi perduti (1987) di Joel Schumacher, Adelaide è attratta da un’inquietante casa degli specchi tanto da entrarci di nascosto dai suoi genitori. Qui incontrerà non solo il suo riflesso inanimato, ma un reale e minaccioso doppio di se stessa. La bambina per il trauma non parlerà per anni. Da adulta, nonostante l’equilibrio familiare, la mente di Adelaide è ancora turbata dall’ episodio di oltre 30 anni fa. E’ la prima notte nella casa delle vacanze. Quattro figure in tuta rossa si ergono immobili all’ombra nel vialetto. Sono identici nell’aspetto alla famiglia Wilson, una copia esatta di loro stessi. Il caos incomincia, ogni ordine svanisce.
Con un prologo invasivo e un macchinoso finale, Us ha una struttura narrativa frammentaria e non organica, difficile da digerire, ma non per questo non coinvolgente. Se Get Out è una pugnalata allo stomaco, Us è una nuvola nera in tempesta. Jordan Peele, rielabora l’archetipo del “doppio viandante” e del “ritorno del rimosso” con uno stile che seppur malinconico e riflessivo, non dimentica le corse perdi fiato e i violenti colpi di scena del cinema di Wes Craven e John Carpenter. Il risultato è uno sfrenato elisir del diavolo che è anche un racconto politico sull’invasione dell’inconscio nel campo del conscio. Un racconto politico sull’appropriazione culturale, asciutto e coinvolgente come la letteratura di Ira Levin, dove eroi e demoni indossano la stessa maschera.