Pochi come i 3 ragazzi di Liverpool hanno dovuto sostenere una prova del secondo album così difficile. Dopo il successo di A Guide to Love, Loss and Desperation, la possibilità di un passo falso era dietro l’angolo. Ma i Wombats sono riusciti a fare un album comunque più che soddisfacente, non una fotocopia del precendente (vedi Arctic Monkeys – Favourite Worst Nightmare) o discostarsene troppo, deludendo la base fan creatasi (vedi tutti i dischi successivi di Alex Turner e soci).
L’apertura dell’album è ottima, con Our Perfect Disease denotando subito la virata synthpop dell’album con intrecci di synth, basso e chitarre, ben lontano dai suoni indie pop quasi interamente elettrici del primo disco, seguita dal primo singolo Tokyo (Vampires & Wolves), pezzo destinato a rimanere impresso nella memoria dell’ascoltatore con i suoi cori e il carattare prettamente electro-pop.
Terza e quatra traccia sono Jump into the fog e Anti-D, rispettivamente secondo e terzo singolo dell’album. Jump into the fog è anch’essa aperta da un synth che viene completato dopo due giri dal basso di Tord Overland Knudsen, decisamente in primo piano in questa canzone, e dalla batteria di Daniel Haggis. Da sottolineare che la versione su disco ha una trentina di secondi in più del singolo, tagliato per radio e televisione.
Anti-D è invece fra i brani più interessanti dal punto di vista testuale dell’album: Matthew Murphy canta «Still I’ve thrown away my citalopram / I needed more than what was in those 40 milligrams»: l’intera canzone infatti tratta della decisione di Matthew di abbandonare gli antidepressivi che gli erano stati prescritti, dimostrando anche così una forte maturazione rispetto ai lavori precedenti. A prescindere dal testo, è l’unico brano lento dell’album, necessario a non renderlo eccessivamente monotono.
Quinta canzone dell’album è Last Night I Dreamt, forse il pezzo che meno si discosta dal primo album, decisamente elettrico, testualmente nostalgico, come molti brani dei Wombats (School Uniforms su tutti), e intenso.
Segue Techno Fan, quarto singolo estratto: brano aperto da synth arpeggiato e da cassa martellante in classico stile dance, e non a caso infatti, dato che l’intero pezzo è un inno al clubbing.
Subito dopo troviamo 1996, altro pezzo retrospettivo, dall’ottimo ritornello e fade-out, e Walking Disasters (dal titolo pericolosamente simile al brano dei Sum 41), a mio avviso punto più alto dell’album. Il ritornello arriva a coinvolgere emotivamente l’ascoltatore e troviamo anche effetti interessanti sulla voce, accorgimento a cui i Wombats del 2007 non avrebbero mai pensato.
Penultimo brano è Girls/Fast Cars che nel suo testo sottolinea come l’intento dei Wombats (o forse piuttosto di Matthew) sia non tanto quello di scrivere testi elaborati quanto immediati: “And what I feel is what I say,I’m not trying to be smart”
L’album sfortunatamente si chiude con Schumacher the Champagne, brano di buona qualità ma probabilmente non sufficientemente intenso a fungere da chiusura, come invece lo era My First Wedding nel precedentemente.
Seguono, nell’edizione bonus due buone versioni acustiche di Tokyo (Vampires & Wolves) e Jump into the fog, che non si discostano comunque troppo dall’originale e non sono degne di particolare nota.
Album che comunque risulta ottimo e coinvolgente, anche se non scevro di difetti. I Wombats rimangono in ogni caso una promessa dell’indie-pop più che mantenuta.
Voto:8