Sorrentino presenta The Young Pope a Venezia
La conoscenza è potere. Lo dice Papa Pio XIII ma potrebbe essere una battuta de Il divo. Ritorna a parlare del potere, Paolo Sorrentino, per il suo esordio come regista e showrunner di una serie televisiva, allontanandosi quindi dall'indagine sui meccanismi e le nevrosi della produzione artistica centrali nei suoi ultimi film, La grande bellezza e Youth.
The Young Pope è una serie di dieci episodi, prodotta da Sky Cinema con l'americana HBO e la francese Canal+, scritta e diretta da Paolo Sorrentino. Al Lido, come evento speciale della Mostra del Cinema sono stati proiettati i primi due episodi, due ore senza interruzioni che se non possono permettere di dare un giudizio completo sulla serie sicuramente hanno permesso di confermare l'interesse, dando il previsto lancio in grande stile alla messa in onda, che fin dall'annuncio circondava questo progetto.
Jude Law è Pio XIII neo eletto papa alla giovane età di 46 anni. Un papa giovane e facilmente controllabile, secondo i piani del potente segretario di stato Voiello (Silvio Orlando). Ma fin dall'inizio il carattere del nuovo pontefice appare ben poco restio ai compromessi. Autocratico, sferzante, originale, oscuro, un Papa che si presenterà alla cristianità con una prima omelia sconvolgente.
Dopo due film in cui la narrazione andava progressivamente perdendo di centralità, portando con sé un proliferare di immagini dalla bellezza autosufficiente Sorrentino di fronte alla serialità televisiva è chiamato a recuperare l'esigenza del racconto. La sensazione, parziale ma fortissima, è quella che il regista napoletano possa ritrovare in questo modo l'altissima efficacia dei primi titoli della sua carriera, un’organicità tra storia e messa in scena capace di esaltare una visione del mondo d'autore portata eccessivamente in primo piano negli ultimi due film.
La maestria registica di Sorrentino emerge fortissima ancora una volta, nei movimenti di macchina fluidi, nella ricerca dell'inquadratura perfetta e del colpo a effetto siamo di fronte allo stesso regista di sempre, ma le promesse di una storia che sembra volere gettare ombre lunghissime sul più inaccessibile – e del peggio raccontato, del meno interessante a livello di cronaca – centro di potere dell’Occidente sono esaltanti.