The Turning
Floria Sigismondi porta sul grande schermo una riattualizzazione di Giro di Vite di Henry James, ma qualcosa va storto.
Da regista di videoclip musicali amatissimi (Beautiful People di Marilyn Manson, Mirrors di Justin Timberlake, Fighter di Christina Aguilera, e moltissimi altri) al grande schermo il passo non è semplice. Floria Sigismondi ci aveva già provato nel 2010 con The Runaways, film sull’omonimo gruppo musicale di Joan Jett, interpretato da Kristen Stewart e Dakota Fanning. Ci riprova a 10 anni di distanza, con un progetto tribolatissimo, dopo essersi fatta ulteriormente le ossa col piccolo schermo (The Handmaid’s Tale, American Gods).
Il progetto di riportare (nuovamente) al cinema Giro di Vite, il classico di Henry James, prende il via nel 2016, alla regia viene chiamato Juan Carlos Fresnadillo (28 settimane dopo, Intruders e presto La spada nella roccia). A sovrintendere c’è Steven Spielberg, che si dimostra però scontento della sceneggiatura: il copione viene riscritto da Chad e Carey W. Hayes (quelli di The Conjuring) e la regia affidata alla Sigismondi. La storia è quella di un’istitutrice (qui interpretata da Mackenzie Davis) che si ritrova in una magione spettrale e tentacolare a dover badare a Miles e Flora. I due, fratello e sorella, passano dall’avere un aspetto angelico all’avere degli atteggiamenti diabolici. L’istitutrice, col susseguirsi di episodi inquietanti e visioni spettrali, si convince che i due nascondano un terribile segreto.
Su grande schermo questo racconto di fantasmi, reali o immaginati che siano – un classico fondamentale del romanzo gotico, ha trovato fortune alterne. In diversi hanno provato, quasi nessuno c’è riuscito senza incappare in un qualche disastro, come – per esempio – In a Dark Place del 2006, scult con Leelee Sobieski e Tara Fitzgerald. Da recuperare la versione BBC con Michelle Dockery e Dan Stevens (rispettivamente Lady Mary e Matthew di Downton Abbey). Il capolavoro da non perdere resta però The Innocents, trasposizione geniale e perfetta del 1961 a opera di Jack Clayton (Qualcosa di sinistro sta per accadere ) con Deborah Kerr.
The Turning, uscito lo scorso gennaio negli Stati Uniti, è stato prontamente stroncato da pubblico e critica. Floria Sigismondi fa del suo meglio, e la pellicola – va detto – farebbe un figurone nel catalogo Netflix (in confronto ai tremendi horror spagnoli che imperversano), il grosso problema è l’estenuante ricerca di attualità in adesione al modello originale, un’operazione che finisce col forzare inutilmente, senza risultati interessanti, il carattere del racconto. Probabilmente avrebbe giovato maggiormente puntare su una reinvenzione totale, senza limitarsi a un finale alternativo e a qualche accenno femminista qui e là. Resta un prodotto più dignitoso di quello che è stato dipinto, ma grigio, senza un vero carattere. La critica ha bacchettato lo scarso equilibrio tra ambiguità, spessore psicologico dei personaggi e narrazione, il pubblico è rimasto invece scandalizzato dall’assenza di un finale (ma va detto che, col testo originale in questo senso non sarebbe cambiato nulla, anzi… Pure peggio). Il finale c’è, ambiguo e repentino come quello di Henry James, sebbene spinga il racconto verso una “spiegazione” differente. Resta una colonna sonora molto bella, un album a sé, con brani di Mitski, Kali Uchis, Courtney Love e Soccer Mommy.
Presto in arrivo un nuova versione di Giro di Vite: prevista per quest’anno, la nuova stagione di The Haunting – serie TV antologica targata Netflix a firma di Mike Flanagan – sarà incentrata proprio sulle pagine del romanzo di Henry James. Sia The Haunting of Bly Manor (titolo della nuova serie) che The Turning sono stati prodotti da Amblin Entertainment di Steven Spielberg.