Entrare in un film e non uscirne mai più (lì la vita è eterna). Mark Cousins adatta il suo celebre libro The Story of Film, An Odyssey in questo audace progetto di quindici ore. Ripercorrere tutta la storia del cinema, concentrandosi sulla visione artistica (piuttosto che di lavoro o celebrità) dal muto all’era digitale. A differenza di molti storici che pongono l’accento sul cinema occidentale, Cousins ha un approccio più globale. Egli mette in mostra filmati iconici provenienti da Asia, Africa, India, Medio Oriente, Oceania e Sud America – intessuti con l’eredità più familiare di Europa e Nord America. Il suo trattamento riesce ad essere sia erudito che accessibile, tra il didascalico e il romantico, la scoperta e la conoscenza, mai noioso, mai banale.
Spesso questo tipo di progetto ambizioso richiede l’appoggio di una istituzione, che può provocare una sensibilità limitata. Ma l’approccio di Cousins è più individualista. In dieci anni (considerando anche la post-produzione) con il solo aiuto limitato del British Film Institute (praticamente in solitudine) ha portato a termine questo enorme progetto. Con la sua ricchezza di conoscenze riesce a raccontare questa storia nelle sue accezioni più complesse e nascoste, in un tono assolutamente informale. Inoltre integra il suo commento intervistando i responsabili di questa storia. Le conversazioni sono girate con lo stile peculiare di una sola persona in viaggio alla ricerca di indizi e tracce in tutto il mondo.
La sua realizzazione rappresenta, infatti, un importante passo in avanti per la costruzione di documentari così giganteschi e multiformi. Dopo aver visto e, allo stesso tempo, vissuto questa storia, si può desiderare trattamenti simili per la musica, la letteratura, la politica o qualsiasi altro settore della conoscenza. Naturalmente, Cousins ha il vantaggio di attingere a immagini di repertorio che ti tolgono il fiato. Nella storia del cinema, sono sparsi innumerevoli segni e simboli, strade che sembrano essere senza sbocchi, che magari vengono ripercorse decine di anni dopo, o lampi imprescindibili che esplodono e aprono nuove vie di espressione. Tutto qui forse, è già molto. Quindici episodi e percorsi passando dalla scoperta di questo nuovo mezzo ai primi ribelli, dalle prime star negli anni d’oro ai generi cinematografici tra le due guerre, dal passaggio al sonoro a quello del colore, dalla scoperta delle cinematografie nazionali alle rivoluzioni, dalla pellicola al digitale, insomma dal passato al futuro.
La nascita, appassionante quanto casuale di una nuova grande forma d’arte: il cinema. Cousins ricerca gli stessi edifici in cui sono stati fatti i primi film (Lumiere, Melies). La prima ora dimostra che le idee e la passione hanno sempre guidato la storia del cinema di più dei soldi e del marketing. Il prototipo delle star nei film cult, primi piani ed effetti speciali, la creazione del mito di Hollywood che ben presto diventa un’industria scintillante di stelle e di dollari con registi come Charlie Chaplin e Buster Keaton. Ma questa brillantezza e fantasia è stata contestata da cineasti come Robert Flaherty, Eric Von Stroheim e Carl Theodor Dreyer, che volevano un cinema più serio e maturo, attento al reale quanto al metafisico. Questa è stata la prima battaglia per l’anima del cinema. Il risultato: alcuni dei più grandi film mai realizzati.
Allo stesso tempo sbocciano le avanguardie: Espressionismo tedesco fino alla Nuova Oggettività, Formalismo sovietico del montaggio, l’Impressionismo francese tra il reale e il poetico e il Surrealismo di decontestualizzazione diventano appassionati movimenti all’interno della settima arte, spingendo i confini del mezzo a livelli prima impensabili. L’avvento del sonoro nel 1930 rovescia tutto, crolla un mo(n)do di fare cinema e se ne apre un altro. Osserviamo la nascita di nuovi tipi di film, nasce il cinema di genere: commedie screwball, gangster movie, film horror, western e musical.
Il trauma della seconda guerra mondiale rende il cinema più audace, e in qualche modo più folle. La storia inizia in Italia (Roberto Rossellini e l’epopea del Neorealismo), poi torniamo a Hollywood a scoprire il genio di Orson Welles e tracciare l’oscuramento del cinema americano durante gli anni del maccartismo. Sesso e melodramma sono i protagonisti nei film degli anni Cinquanta: simbolo è il Marlon Brando di Fronte del porto e la sua trasgressione. Immensi Elia Kazan e Nick Ray. Nel frattempo viaggiamo in Egitto, India, Cina, Messico, Gran Bretagna e Giappone per scoprire che anche li ci sono stati film pieni di rabbia e passione.
Nascono i primi embrioni, apparentemente non collegati e quasi impazziti, che presuppongono un vento nuovo, è tempo di rivoluzioni. La storia esplosiva del cinema alla fine tra i ’50 e i ’60 è una lente sul mondo: Claudia Cardinale parla di Federico Fellini e Michelangelo Antonioni, Lars Von Trier descrive la sua ammirazione per Ingmar Bergman, e Bernardo Bertolucci ricorda il suo lavoro con Pier Paolo Pasolini. Oltre tutto e tutti, la Nouvelle Vague, François Truffaut e Jean Luc Godard sotto l’ala protettiva di Andrè Bazin liberano il cinema. Un’esplosione appunto, e la nuova ondata che provoca, spazza tutta Europa e non solo. Contraddizioni e autorialità, l’alba delle cinematografie nazionali.
Ad Hollywood Easy Rider e 2001: Odissea nello spazio segnano, per motivi estremamente diversi, una nuova era del cinema in America. Scopriamo i film di Roman Polanski, Andrey Tarkovskij e Nagisa Oshima fino a tornare in Africa e India. Poi satira politica, critica sociale e respiro esistenziale quando Scorsese e Coppola diventano paladini del nuovo cinema americano raccontando una realtà a stelle e strisce che fatica ad esprimersi dopo la fine dei movimenti di protesta, dando voce anche ai ghetti.
Il cinema che cerca di cambiare il mondo negli anni settanta: Wim Wenders in Germania; Ken Loach in Gran Bretagna; Pasolini in Italia; il Giappone, dove si creano i film più commoventi e poetici del mondo. Fassbinder con la sua follia, Herzog che sfida la vita con i suoi film. Epopee e personaggi del cinema sperimentale mondiale. Contrapposti Star Wars, Jaws e L’esorcista aprono l’era dei multiplex, rimanendo in qualche modo film anch’essi freschi e nuovi. Vediamo registi coraggiosi che mostrano la verità al potere, John Sayles parla di questi anni per giungere fino a David Cronenberg. Sboccia il cinema cinese prima di Tienanmen. Kieslowski e la sua Polonia simbolo di un’Europa senza direzioni.
Il cinema negli anni ’90 entra a sorpresa in un nuovo periodo d’oro che segna gli ultimi giorni della pellicola. In Iran incontriamo Abbas Kiarostami, che ripensa il cinema come mezzo d’indagine del reale. La poesia d’estremo oriente (Wong Kar-wai, Kim Ki-Duk, Hou Hsiao-Hsien), fino al rigore di Dogma (Lars Von Trier). Nuove strade, il dialogo di Tarantino e il nervosismo dei Coen. In Australia, Baz Luhrmann ci porta nel postmoderno mentre ci immergiamo nel mondo digitale, per vedere come il cinema è cambiato per sempre. Il cerchio si chiude: si cambia ancora dopo l’11 settembre, arrivano le inchieste, mentre in Europa si guarda all’est indipendente, nuovi autori vengono alla ribalta.
Poi Mulholland Drive di David Lynch diventa uno dei film più complessi (tra sogno e realtà) mai realizzati; di (ri)lancio il cinema si (ri)trasforma in un giocattolo sconosciuto, un po’ come agli albori. A Mosca, il maestro Alexander Sokurov parla in esclusiva dei suoi film geniali ed innovativi, tra l’inevitabile fine e un possibile nuovo inizio del cinema come noi lo conosciamo. Poi, una sorpresa: The Story of Film va oltre il presente, a guardare il cinema in future possibilità. In fin dei conti ha solo poco più di un secolo, un bambino rispetto a tutte le altre arti; dipenderà sempre dalla storia ma sarà giudice di tutte le piccole e grandi rivoluzioni, interne ed esterne a lui. Politica degli autori. Una storia fatta di rivoluzioni appunto, cos’era, cos’è e cosa sarà il cinema in ogni momento.
Questo il più grande pregio di Cousins, apertura totale. Se Godard, nelle sue immense Histoire(s) du Cinèma, cerca il respiro total(izzant)e di tutta l’arte del Novecento su un Novecento visto al cinema, Cousins si ferma alla settima arte sottolineandone le rivoluzioni nelle sue verifiche incerte. La dove Godard si ferma all’impossibilità di una conclusione nel suo percorso impossibile perché troppo “rivoluzionario” (non si può fare la storia di quello che stiamo vivendo), Cousins lacera la cronologia, entra in queste rivoluzioni (ormai astoriche) e riesce provvisoriamente addirittura a delineare un futuro. Opere (dis)umane che oltrepassano il vincolo di fare cinema per entrare in esso in modo inderogabile e così disossarlo fino agli archetipi della percezione. Ogni film è un atto di amore. Rimane la storia, viva, da vivere.