The Smell of Us – Larry Clark
Le Giornate degli autori hanno accolto The Smell of Us, l’ultima controversa opera del regista e fotografo statunitense Larry Clark. Dietro la macchina da presa l’autore si trasferisce su un set parigino, per raccontare la contorta vicenda di alcuni adolescenti. Si assiste così alle inquietanti esperienze erotiche del tormentato Math e dei suoi compagni, ognuno avvolto dall’oscurità del turbamento e dalla disperazione silenziosa dei propri sguardi.
Dopo una ricerca ventennale il prodotto è stato presentato con una meticolosa cura dei contorni e dei contenuti borderline. L’universo di squallida prostituzione, sconvolgimento interiore e decadimento sessuale è raccontato grazie allo sfruttamento di espedienti tecnici portentosi: la dimestichezza con la fotografia aiuta certamente Clark a raggiungere dei risultati brillanti tramite un piano di inquadrature valorizzate da totali eloquenti, piani sequenza cadenzati e primi piani attenti a rivelare l’inquietudine profonda dei protagonisti. Ciò permette di ottenere una regia particolarmente legata a un simbolismo ordinato e che riflette sui dubbi proposti; come emerge dal continuo sfrecciare degli skateboard dei ragazzini, quasi indifferenti o semplicemente alla ricerca di evasione al di sopra di una realtà in disfacimento. Si percepisce una struttura sensoriale, per così dire, che arriva a riprodurre le sensazioni dell’odore del titolo.
Ritmo preciso e rispetto dei dettagli non nascondono tuttavia qualche imprecisione. I giovani attori sono intensi nella rappresentazione dei conflitti; in particolare l’androgino Math dal viso d’angelo esprime i demoni di un dissidio interno con molta spontaneità e senza esagerazione. Nei suoi occhi si coglie ogni leggera emozione, così come nelle vite dei suoi coetanei. Ciò che manca è da riscontrare nella sceneggiatura e in una troppo ristretta sintesi dell’esposizione del soggetto.
Clark racconta con fervente entusiasmo e colore ma rischia in molti momenti di fissare dei livelli troppo o più o meno in superficie, evitando di approfondire o di proporre qualsiasi tipo di soluzione. Le scene non superano la soglia dell’eccesso e riescono a sottolineare l’urto dell’impatto. Non si avverte però un’intenzione indagatrice, a scapito di un lavoro modellato e meticoloso. E’ un trionfo dell’immagine, dell’illustrazione di eventi; in ogni caso la richiesta di completezza è pressante e in un lavoro del genere non sarebbe dovuta essere trascurata.