Presentato nella sezione After Hours (la più dark della trentatreesima edizione del Torino Film Festival) The Blackcoat’s Daughter è un horror pieno di tensione e dalla trama apparentemente intricata. Kat (Kiernan Shipka) e Rose (Lucy Boynton) sono due allieve di un college femminile. Durante le vacanze invernali, quando tutti i genitori vengono a prendere le figlie per passare del tempo insieme, le due ragazze si ritrovano riunite nello studio del preside ad attendere qualche notizia dal parentado disperso. Sfortunatamente, per oscuri motivi, nessuno reclamerà le due ragazze che saranno costrette a sprofondare nella desolazione del college.
Il regista Osgood “Oz” Perkins (sì, suo padre è il grande Anthony Perkins) impacchetta un horror dai toni epici e dalle innumerevoli e limpide citazioni (da L’Esorcista di William Friedkin a Carrie – Lo sguardo di Satana di Brian de Palma). Probabilmente si possono scorgere anche rimandi alla tragica realtà delle scuole americane, in cui dal nulla, giovani ragazzi compiono stragi in nome di valori sbagliati o in preda a raptus di follia; il film in questo caso può essere visto come metafora di quella furia cieca e inaspettata.
Horror d’atmosfera, l’azione dei personaggi è avvolta nel silenzioso e pacifico candore di un college innevato – in netta contrapposizione con le anime nere e corrotte delle protagoniste – e lontano da qualsiasi ingerenza umana o tecnologica (non a caso il cellulare, da intendere nel senso più moderno del termine, è un oggetto estraneo alla scena e compare soltanto sotto forma di un’obsoleta cabina telefonica). A raggelare la già disturbante visione della pellicola giungono i volti di tre promettenti attrici della nuova generazione: Emma Roberts (già conosciuta per American Horror Story), Kiernan Shipka (Mad Men) e Lucy Boynton (Miss Potter) che mettono in scena tutto il loro talento al servizio di Perkins (e del male). Una menzione speciale va diretta a Kiernan Shipka, che svestiti i panni anni Sessanta della capricciosa e testarda primogenita di Don Draper in Mad Men, ci regala un’interpretazione sorprendentemente malefica di un’adolescente disturbata.
Il film è stilisticamente impeccabile e ricco di originali spunti registici, l’unica macchia è la seconda metà del film, dove il plot perde la sua “conturbante seduttività” sgretolandosi in un finale piuttosto debole e già visto.