Testa a testa tra regia e testo in Erodiàs
Testori secondo Fracassi e Martinelli a Short Theatre XII
C’è un evento nella storia del teatro che segna un punto di profondi cambiamenti: la nascita della regia.
Siamo nella seconda metà dell’Ottocento, in Francia, nelle sale parigine si comincia a incontrare una nuova figura: il régisseur, colui che gestisce, amministra, in poche parole comanda. L’antenato d’oltralpe del regista impara subito a distinguersi dalle altre persone coinvolte nello spettacolo: lui ordina, gli altri “fanno”, attori compresi.
Questa figura sovrana con il tempo è cresciuta, si è addolcita, dando vita negli anni a momenti d’oro della storia del teatro, anni di rinnovamenti stilistici in cui il rapporto tra il regista e le altre figure coinvolte nella messa in scena si è evoluto, diventando una simbiosi necessaria per la riuscita di uno spettacolo. Da unico padrone della scena, il régisseur, ha avuto “un’evoluzione democratica” che si è spinta fino alla nascita di nuovi mestieri, come dramaturg, consulenti esterni, maestri del suono, della luce e così via.
Le regie di Renzo Martinelli rappresentano al meglio la simbiosi intellettuale e pratica che può coinvolgere figure diverse nella messa in scena di uno spettacolo.
Un regista, dunque, un’attrice, Federica Fracassi, una dramaturg, Francesca Garolla, un consulente artistico, Sandro Lombardi, un testo, di Giovanni Testori. Parliamo di Erodiàs, l’ultima nuove produzione di teatro i approdata a Roma all’interno di Short Theatre XII. In questo ensemble, la regia rimane sempre il punto di inizio, l’input per concertare la ricchezza di linguaggi adottati, tale da dispiegare su più piani, sfaccettandola prismaticamente, la complessità dello spettacolo.
Il non-luogo dove si muove Erodiade è separato dalla platea da una lastra di plexiglas: una vetrina da cui la crudele e innamorata regina vende la propria storia. Secondo la rilettura dei Vangeli di Testori è proprio lei a volere la decapitazione del Battista, perché follemente innamorata di lui e da lui rifiutata. L’estrema vedetta assurge così ad atto d’amore assoluto, una castrazione obbligatoria compiuta per placare un ardore viscerale e bestiale.
A restituire innanzitutto questo duplice sentimento è il linguaggio: il grammelot lombardo testoriano, brillantemente rivivificato da Fracassi, invade letteralmente la scena, oltre i segni, oltre i costumi, oltre gli oggetti di scena, riempiendola totalmente, tanto forse da oscurare il preciso disegno luci (Mattia De Pace) e la costruzione di suoni (Fabio Cinicola), per quanto quest’ultima rimanga strettamente legata alla narrazione.
La carnalità ferina di questa storia passionale, omicida, di questo verbo sanguigno, vivissimo, sembra di contro raffreddarsi in un dispositivo alquanto concettuale, legato a simbolismi minimalistici che lasciano poco spazio ai pensieri atavici della “femmina” Erodiàs e spesso rischiano di essere confusi per mere velleità registiche.
Sarà l’antico spettro del regista dittatore che torna a incarnarsi sulla scena contemporanea? O è forse la scelta drammaturgica di dare il più dello spazio alla parola di Testori, costipando la messa in scena entro pochi fragili segni essenziali?
Letture consigliate
Sette Nomi Per Non Nominare: Su “Erodiàs” Di Giovanni Testori, di Elena Corsino (Poesia 2.0)
La Pelanda, Roma – 15 settembre 2017
ERODIÀS
di Giovanni Testori
con Federica Fracassi
regia di Renzo Martinelli
dramaturg Francesca Garolla
assistente alla regia Irene Petra Zani
suono Fabio Cinicola
luci Mattia De Pace
consulenza artistica Sandro Lombardi
creazione costume d’epoca Cesare Moriggi
consulenza e realizzazione oggetti di scena Laura Claus
con il sostegno di Next / Regione Lombardia