Pubblico giovane o senza limiti di età?
Il teatro ragazzi dei Teatri di Bari
Affermare che un’opera, sin dalle sue prime fasi di concepimento, sia stata ideata e successivamente creata per un preciso target di riferimento, non è completamente esatto. Nel corso degli anni, ad esempio, la chitarra apparentemente basilare e la voce baritonale di Johnny Cash hanno travalicato la selettiva e ben definita cerchia degli amanti della country music arrivando anche a chi ignorava quel genere musicale. Un film d’animazione come Alla ricerca di Nemo o una saga come Harry Potter sono amati in egual misura dalle fasce più disparate d’età; o al contrario, quanti adolescenti hanno passato notti insonni pensando al protagonista di It, miniserie horror degli anni Novanta?
In tal senso è opportuno tenere in considerazione due fattori: la struttura e i contenuti. Se da un lato, infatti, la struttura di un’opera – scelta per vocazione, particolare bravura o desiderio di mettersi alla prova – mira a un pubblico ben preciso; dall’altro i contenuti riescono ad ampliarla e inglobare in essa anche una platea che di primo acchito potrebbe avere poche affinità con una determinata tipologia di spettacolo, proiezione, brano musicale e così via.
Ovviamente ci potrebbero essere delle eccezioni, ma tra queste di certo non figura il Teatro Ragazzi. L’apparente leggerezza e l’immediatezza (struttura) con cui questi spettacoli riescono a trattare tematiche universali (contenuti) non possono lasciare indifferenti, infatti, anche chi, per schiaccianti questioni anagrafiche, ragazzo non lo è più. E non di rado, scorgendo tra il pubblico un coinvolgimento di pari livello, se non maggiore, degli adulti rispetto ai più piccoli, la domanda sorge spontanea: sono i genitori che accompagnano i figli a teatro o i figli che accompagnano i genitori?
Non è un caso, quindi, che i Teatri di Bari dedichino, durante tutta la stagione, uno spazio rilevante al Teatro Ragazzi, con l’apice raggiunto durante il Festival Maggio all’Infanzia, una rassegna dedicata a teatro, letteratura e cinema per bambini e ragazzi. Tra i tanti spettacoli di questo inizio stagione ne abbiamo scelti tre – tutti pugliesi – per offrire un doveroso sguardo, sia pur molto parziale, a queste produzioni in costante evoluzione.
Cinema Paradiso – Michelangelo Campanale (La luna nel letto, Ruvo di Puglia)
Il titolo richiama inequivocabilmente il capolavoro di Giuseppe Tornatore (Nuovo Cinema Paradiso, 1988), e da esso trae ispirazione per poi distaccarsi e spostarsi su un proprio percorso. Della pellicola del regista siciliano ritroviamo, infatti, l’omaggio al cinema, il gioco passato/futuro, e il candore di Totò, giovanissimo protagonista interpretato nello spettacolo da un amabile Giuseppe Di Puppo.
Un flashback continuo in cui il protagonista adulto (Salvatore Marci) ripercorre la propria adolescenza fatta di affetti sottratti, abbracci lungamente inseguiti e tentativi di supplire a questi ultimi. Tentativi che prendono forma (e corpo) nei personaggi cinematografici degli anni Ottanta. Ed ecco dunque apparire sul palco le terrificanti sorelle di Shining, il dottor Emmett Brown di Ritorno al futuro, gli scanzonati Blues Brothers, la confortante Mary Poppins e gli spezzoni con gli epici protagonisti di Stand by Me.
Ma queste sono solo alcune delle citazioni che si susseguono senza sosta in uno spettacolo che procede per immagini e omaggi ma non riesce a trovare una spinta narrativa di pari livello. Se da un lato, infatti, l’elemento onirico-spettacolare raggiunge un pieno compimento, dall’altro la storia rimane vincolata alle immagini senza riuscire quasi mai a essere incisiva allo stesso modo. Faticano, infatti, a emergere, rimanendo solo in superficie, tematiche quali il rapporto madre/figlio, il passaggio adolescente/adulto o la contrapposizione passato/presente, creando un netto dislivello, dunque, tra l’elemento “spettacolare” e quello puramente narrativo; e, forse, un maggiore sforzo a livello drammaturgico gioverebbe a questo spettacolo dalle potenzialità ancora non totalmente espresse.
Ahia! – Damiano Nirchio (Teatri di Bari)
La vita e il suo inafferrabile senso, invece, sono i cardini attorno cui ruota Ahia!, divertente e riflessivo spettacolo interpretato da Lucia Zotti e Raffaele Scarimboli. In un Ufficio Nascite in cui i novelli popolatori del mondo vengono preparati ad affrontarlo, l’impiegato Topo – simpatica creatura alla quale Scarimboli dona a vista dinamismo e parola – cerca in tutti i modi di far uscire un’anziana signora che ormai da troppo tempo non vuole staccarsi dalla sua stanza. Le prova tutte l’impiegato, ma niente, la protagonista proprio non vuole uscire.
Il motivo che la spinge a rimanere abbarbicata alla sua confortante camera è la consapevolezza che una volta uscita dovrà fare i conti con i costanti dolori con i quali ogni essere umano – volente o nolente – deve regolarmente misurarsi durante l’intera esistenza; tutti gli “ahia”, appunto, scomodi ma indispensabili a temprare il carattere e a definire la personalità di ciascuno degli abitanti del nostro pianeta.
Andando contro le direttive del Supremo Signore Direttore, però, l’impiegato, con un abile sotterfugio, riesce a strappare il consenso all’anziana signora che, dopo aver letto il libro del suo futuro, si accorgerà di quanto siano indispensabili tutti quegli “ahia” per poter vivere appieno la propria vita. E allora le delusioni e le paure non faranno più male quando si ha la consapevolezza che la strada da intraprendere non è mai quella più semplice e comoda ma, spesso, è proprio quella più impervia e ripida a soddisfare le nostre aspettative.
Operastracci – Enzo Toma (Cantieri Teatrali Koreja, Lecce)
Dal senso della vita alla vita stessa, colta nel momento del cambiamento – fisico e sentimentale – dei tre interpreti/performer (Anna Chiara Ingrosso, Emanuela Pisicchio, Fabio Zullino) trae linfa vitale Operastracci, spettacolo che si avvale di linguaggi artistici differenti e di 30 metri di stoffa che gli attori in scena utilizzano per creare a vista marionette e altri oggetti funzionali alla messinscena come palloni, guantoni o persino pancioni.
Le arie di alcune delle più importanti opere liriche scandiscono i tempi e la crescita dei protagonisti alle prese con i giochi, i legami, gli scontri e le attrazioni che caratterizzano le fasi vitali della crescita, con tutti i suoi misteri e le metamorfosi che la rendono così unica e irripetibile. Il palco diventa una sorta di ring in cui, ai suoi estremi o al suo interno, si alternano passi di danza, pantomime, azioni slapstick e, ovviamente, la creazione di grosse marionette di stracci che si rifanno – in maniera più basilare – all’antico Teatro Bunraku giapponese.
Un gioco teatrale che ripercorre fasi solo qualche anno fa considerate “familiari” ma che oggi stanno consistentemente perdendo il proprio valore, sostituite e superate dalla creazione di effimeri mondi virtuali. E chissà che spettacoli come questo non riescano a risvegliare in queste nuove generazioni i vecchi e semplici piaceri che stanno via via diventando sempre meno apprezzati.
Produzioni, queste, in costante crescita e che iniziano a ottenere riconoscimenti di un certo rilievo, come testimonia la recente nomination di Fa’afafine (Giuliano Scarpinato) come Migliore Spettacolo per il Premio Rete Critica 2016. Spettacolo, quest’ultimo, vincitore insieme a Out di UnterWasser agli Eolo Awards 2016, e presente nella terza edizione di Kids, festival dedicato al Teatro Ragazzi organizzato a Lecce da Factory Compagnia Transadriatica e Principio Attivo Teatro. Ma di questa rassegna ne parleremo nei prossimi giorni.
Ascolto consigliato
Teatri di Bari (Kismet e Abeliano) – ottobre-dicembre 2016