L’altro che è in noi
Il rito teatrale delle Ariette tra Couscous e Camus
Quando si parla di Teatro delle Ariette non è solo la quarta parete a venir giù ma anche le altre tre. Da più di vent’anni, infatti, la storica compagnia emiliana allestisce spettacoli che sono un vero unicum in Italia. Ma forse allestire non è la parola giusta: Paola Berselli e Stefano Pasquini preparano il loro “incontro con il pubblico” come si apparecchia una tavola. Già, perché agli spettacoli delle Ariette non si assiste, si partecipa, vi si prende parte, come a un rito famigliare d’antan in cui il padrone di casa accoglie gli ospiti, serve loro un pasto caldo cucinato secondo tradizione e cunta, come si direbbe al Sud, cioè racconta. Il teatro delle Ariette è un rito attorno cui ci si raccoglie. E in questo c’è molta più fedeltà alle antiche origini greche del teatro (il coro attorno all’altare) di quanto potrebbe parere a un primo sguardo. Il loro, però, è un rito tutto laico.
La scorsa settimana nella virtuosa realtà periferica del Teatro Biblioteca Quarticciolo è andato in scena Teatro Naturale? Io, il couscous e Albert Camus (2012): curioso intreccio di cultura e vita. Da un lato abbiamo la vicenda del dicissettenne Stefano Pasquini che, innamoratosi di una francese di origine spagnola, trascorre l’estate in Normandia tra storie di esuli catalani, rivolgimenti politici e sapori iberico-algerini: è la scoperta dell’Altro. Dall’altro il suo esatto opposto, la lettura de Lo Straniero di Camus, che come una schiuma di mare si infrange su quegli stessi lidi (storici, geografici, esistenziali), ma irrora il quadro d’insieme d’un altro sapore, più amaro, sconsolato forse, certamente meno sicuro e rassicurante. Etranger, in fondo, non è solo lo straniero ma altresì l’estraneo, colui, ovvero, che avverte uno scarto, una contiguità spezzata, con sé e con l’altro da sé. Così le due storie si inseguono, si ricercano, fino al punto di sfiorarsi, alternandosi tra sincera narrazione (Pasquini) e immediata evocazione teatrale (Berselli e Maurizio Ferraresi).
Di qua e di là dei fornelli, tra proscenio e fondale, raccolto attorno a piccoli tavolini sotto la cornice esile e aggraziata di canne e luci da spiaggia, il pubblico vede scorrere davanti a sé questi phàntasma: apparizioni leggiadre, inafferrabili, di felice ascendenza felliniana, che abitano più che la scena la fantasia dello spettatore il quale si ritrova a vivere un’esperienza fantastica, cioè immaginifica, assai simile a quella della lettura, mentre il profumo di verdure per il cous cous, le stesse che gli è stato chiesto di tagliare non appena sedutosi, aleggia sulla puzza di polvere da sparo – tutta astratta, questa, eppure più penetrante – di quel dannato colpo di pistola che condannerà all’esilio definitivo dalla vita il protagonista di Camus.
È un rito totale quello delle Ariette, un rito prezioso, che rinsalda il patto di fiducia con lo spettatore superando a piè pari tante discutibili questioni sulla formazione del pubblico; forse a tratti una certa urgenza emotiva (che è pur sincera adesione) rischia di sovraccaricare di pathos gli squarci più prettamente “recitativi” segnando uno scarto – a nostro avviso troppo marcato – rispetto alla felice e immediata semplicità della narrazione autobiografica di Pasquini (ad esempio la rievocazione enfatica del discorso d’accettazione del Nobel di Camus, altissimo connubio – originariamente – di fermezza, pacatezza e potenza della parola).
Ad ogni modo, quello del Teatro delle Ariette si conferma ancora una volta un incontro umano-artistico che torna a ricordarci quanto sia necessario, forse oggi più che mai, ritornare a farci gli uni incontro agli altri, nell’ascolto, nella compartecipazione, nella com-mozione.
Non più estranei. Non più stranieri. Tanto meno a noi stessi.
Una cultura che ci porti a riscoprirci società.
Ascolto consigliato
Teatro Biblioteca Quarticciolo, Roma – 19 febbraio 2017
Crediti ufficiali:
TEATRO NATURALE?
Io, il Couscous e Albert Camus
di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini
regia Stefano Pasquini
produzione Teatro delle Ariette 2012
foto di scena Stefano Vaja