Le ineguaglianze, l’ingiustizia e le pressioni del mondo in cui viviamo generano stress e depressione in molte persone. Alcune, però, esplodono. Questo film parla di loro. Vulnerabili di fronte a una realtà che cambia continuamente e che all’improvviso può diventare imprevedibile, i protagonisti di Storie pazzesche oltrepassano il sottile confine tra civiltà e barbarie. Il tradimento di un marito, il ritorno a un passato sepolto e la violenza che si insinua negli incontri di tutti i giorni, portano alla follia i personaggi del film, che si abbandonano all’innegabile piacere della perdita del controllo.
Nel cast recitano divi di prima grandezza, già visti in molti capolavori del cinema sudamericano e di Almodóvar. Ricardo Darín interpreta un ingegnere specializzato in demolizioni; Julieta Zylberberg e Rita Cortese sono la cameriera e la cuoca di una tavola calda frequentata da camionisti; Darío Grandinetti è il protagonista di una storia enigmatica che si svolge a bordo di un aereo; Erica Rivas è una sposa sconvolta, in un matrimonio che sfiora il dramma; Oscar Martínez interpreta un miliardario che conduce trattative clandestine per evitare una tragedia familiare; e Leonardo Sbaraglia è un uomo che all’improvviso si ritrova intrappolato in un insolito thriller stradale.
Sono tutte storie davvero pazzesche, al limite del surreale e del grottesco, che ci si aspetta abbiano un collegamento fra loro, come nei migliori film di Iñárritu, ma in realtà l’unico denominatore comune è la pazzia e la perdita della ragione. La mano di Almodóvar, produttore con la sua casa di produzione El deseo è evidente, così come è evidente l’ironia cruda che fa del film una commedia noir gradevole e coinvolgente. Gli episodi giocano con i toni dell’esagerazione e del paradosso, ci si prende gioco delle piccole e grandi meschinerie, sopraffazioni, menzogne e violenze della nostra società. C’è un evidente riferimento alla gloriosa tradizione della commedia all’italiana nonostante, purtroppo, in Italia, di film così non se ne facciano più.
Il risultato è un mosaico dei nostri tempi, dolorosamente realistico anche quando i toni diventano kitsch, quasi pulp. I tempi moderni sono visti in salsa molto amara e anche se la realtà raccontata è quella del paese d’origine del regista, le dinamiche raccontate sono universali. Altri riferimenti (oltre quelli citati alla commedia italiana a episodi) potrebbero vedersi nella violenza in chiave satirica, che piacerebbe tanto a Tarantino, ma in sintesi l’opera ha una sua identità originale. Nota sulla regia: già i titoli di testa mettono l’accento sulla violenza e sulla brutalità ferina dei personaggi (di qui i ritratti di animali della giungla che appaiono dietro i titoli). La colonna sonora, infine, con i suoi excursus nel pop, è un buon contrappunto tragicomico alle vicende narrate.