Spectres Are Haunting Europe
Al Torino Film Festival lo straordinario documentario di Maria Kourkoutae Niki Giannari
Sulla riva occidentale del fiume Vardar, il villagio di Idomeni, situato nella zona di confine tra Grecia e Repubblica di Macedonia, a partire dal 2014, è diventato uno snodo nevralgico per i rifugiati in fuga da Siria, Afghanistan e Pakistan, che cercano di spingersi verso nord, con il fine di raggiungere la Germania o i paesi scandinavi, percorrendo la cosiddetta “rotta balcanica”. Nonostante l’enorme difficoltà e pericolo, centinaia di migranti scappati dalla guerra civile in Medio Oriente giungono a Idomeni con la speranza di attraversare il confine greco, per poi proseguire su un percorso che attraversa paesi che non fanno parte dell’Area Schengen. In questo caso infatti, se venissero arrestati dalle autorità serbe o macedoni, i rifugiati verrebbero mandati al confine croato o ungherese, estremamente più vicino alla loro destinazione prefissata, rispetto al confine greco, molto più a sud.
A seguito del continuo flusso migratorio, nel 2015, la Macedonia, attraverso un provvedimento compiuto in maniera analoga anche dalla Serbia, ha deciso di chiudere le proprie frontiere meridionali, limitando gli ingressi a poche centinaia di persone, solamente di nazionalità siriana. Da quel momento in poi centinaia di migranti, giunti a Idomeni con la speranza di attraversare il confine, rimangono bloccati alla frontiera.
Nonostante la conseguente crisi umanitaria, che provocò l’intervento dell’UE, dell’UNHCR e di organizzazioni come Medici Senza Frontiere, il sensazionalismo mediatico si è concentrato specificatamente sullo sgombero del campo, che ormai ospitava una quantità di migranti dieci volte superiore al numero di capienza massima, avvenuto il 24 maggio 2016 da parte della polizia ellenica. D’altro canto i due autori greci, Maria Kourkouta e Niki Giannari decidono di immortalare e riprendere la condizione e la vita quotidiana dei migranti e la loro estenuante “attesa” in questa terra di confine, dal marzo 2016 fino a poco prima dello sgombero, quando la situazione aveva già varcato il livello di sostenibilità, nel documentario Spectres Are Haunting Europe, presentato nella sezione Internazionale.doc alla 34esima edizione del Torino Film Festival.
Attraverso lunghi piani sequenza, con inquadratura fissa, il film riesce a mappare e osservare la situazione di disperazione e “affollamento” del campo stesso, mostrando le lunghe code di migranti in attesa di ricevere cibo, tè e cure mediche, in mezzo ad una distesa di tende, disposte attorno i binari del treno che segnano la via verso la Macedonia.
Il film si apre con un’immagine che mostra una landa desolata, campi incoltivati in lontananza, mentre decine di persone passano avanti e indietro alla camera, trascinando le proprie valigie. Uno dei rari momenti in cui lo spettatore è in grado di decifrare e comprendere il luogo di “prigionia” di queste persone, che, a decina, invadono letteralmente le inquadrature successive, togliendo alcun tipo di respiro all’immagine. La macchina da presa viene spesso posizionata ad un livello basso, quasi al suolo, mostrando allo spettatore solamente le gambe dei migranti, un vera e propria miriade di “fantasmi” senza volto, coperti da lunghe mantelle verde petrolio, date in dotazione dalle organizzazioni umanitarie. A Idomeni, infatti, piove quasi incessantemente, e le scarpe, spesso rotte, spesso troppo grandi o troppo piccole, che riempiono l’inquadratura, sprofondano inesorabilmente nel fango, nelle lunghe file di attesa.
La seconda parte del film riesce a dare voce e corpo ai rifugiati cogliendo i discorsi, le discussioni e i malumori che si alimentano all’interno del campo, come durante un sit-in sui binari, organizzato al fine di bloccare i treni merci che dalla Grecia proseguivano verso la Serbia. La folla continua ad inneggiare alla Germania, alla “Mamma Merkel” e all’Europa, terra, tuttavia, irraggiungibile. «Lasciatemi almeno l’1% di speranza», dichiara un ragazzo curdo mentre cerca di calmare gli animi, sostenendo che la colpa non è da attribuirsi specificatamente ed esclusivamente alle forze militari greche, o macedoni, ma forse a un atteggiamento islamofobico dell’Europa in generale.
Un film che attraverso una messa in scena semplice e lineare, riesce ad aprire uno spazio di riflessione concernente una delle questioni più importanti del nostro tempo. Posizionare la camera e scegliere un’inquadratura, non è difficile come creare un terreno fertile e stimolante di indagine che coinvolga lo spettatore in maniera così efficace ed impressionante. L’opera si chiude con un video-saggio, accompagnato dalla voice-over di Niki Giannari, che raccoglie e assembla immagini del campo, attimi di vita quotidiana, in bianco e nero, come se fossero già filmati di archivio, sepolti nella nostra memoria. Spectres Are Haunting Europe invece vuole evitare che anche queste persone, anche questi “fantasmi” vengano dimenticati.