«Sai perché cadiamo Bruce? Per imparare a rimetterci in piedi.» La massima di Thomas Wayne al figlio Bruce può valer bene come commento generale alla parabola del personaggio-Batman all’interno del cinema hollywoodiano. Lo storico marchio fumettistico dell’uomo pipistrello aveva avuto un grande successo nei primi anni Novanta grazie ai due film firmati da Tim Burton per poi cadere in disgrazia tra le mani di Joel Schumacher con una china kitsch e fantastica che se era in sintonia con il disimpegno della spensierata fine di secolo non ha reso onore alla profondità del personaggio e al cinema d’intrattenimento di qualità americano nel suo complesso. Come si legge nelle altre recensioni di questo speciale.
Caduto nel dimenticatoio grazie a film malriusciti, risorge Batman con il re-boot affidato al giovane Christopher Nolan, regista di Memento, che dà un’impronta d’autore fortissima rilanciando il marchio verso vette probabilmente mai esplorate dai film di supereroi che tanto successo stanno avendo in questo terzo millennio. È una storia di formazione, di caduta e rinascita quella del miliardario Bruce Wayne (Christian Bale). Figlio di un genio ingegneristico e filantropo, perde i genitori in una rapina, schiacciato dai sensi di colpa finisce con lo sparire in Asia facendo la vita del criminale. In prigione lo trova Ducard (Liam Neeson), emissario di Ra’s al Ghul, misterioso capo della Setta delle Ombre. Nel nido d’aquila sulle montagne è addestrato a tutte le arti di combattimento ninja. Di fronte alla folle crudeltà della setta, che da secoli sorveglia e punisce col terrore la decadenza morale, rinnega i maestri facendo tesoro dell’addestramento e torna a Gotham City per, nei panni dell’Uomo pipistrello, dare una possibilità di redenzione alla metropoli soffocata dalla corruzione. Prima che Ra’s al Ghul venga a condannarla al tribunale della storia presso cui pare lavorare come Boia.
La giustizia e la vendetta, la paura e la corruzione, il perseguimento del Giusto e la facilità dell’Utile. Gotham è un crocevia di dilemmi morali per Nolan e per il suo Bruce Wayne, che solo dopo avere assaporato l’amaro calice dell’esilio e del senso di colpa potrà ritornare al suo posto e aiutare la sua città a sopravvivere al suo declino. Basta un giusto per salvare Ninive, diceva il libro di Giona, e Bruce Wayne non è solo, al suo fianco ci sono il poliziotto Gordon (Gary Oldman) e l’amata procuratrice Rachel Dawes (Katie Holmes).
Profondo e cupo, realistico se mai il termine può essere usato per un film con eroi in calzamaglia, in sintonia con le paure e i sensi di colpa di un’America che cicatrizza l’11 settembre nel buco nero iraqeno, Batman Begins è film che cambia tutto ad Hollywood. Pietra miliare per l’ennesimo ripensamento del ruolo dell’eroe (super o no, in fondo Batman è un uomo appena un po’ più ricco, in forma e ben accessoriato di noi), atto primo di una trilogia che, ora che è prossima all’attesissimo epilogo, resterà nella storia, sigillo alla grandezza di Nolan e di Christian Bale.
Il regista non sbaglia niente, gestisce alla perfezione i ritmi dell’azione, dipinge la venuta di Batman prima con pazienza, lasciandoci gustare le coinvolgenti sequenze della formazione dell’eroe, poi a brevi tocchi rapidi: come il pipistrello anche la macchina da presa è rapida e silenziosa, piomba assieme a Batman sulla scena e subito vi si ritrae, poco disposta a scolpire a figura intera nella pietra l’eroe in tutta la sua iconograficità. Christian Bale si consacra nell’olimpo dei più grandi attori della sua generazione diventando istantaneamente il miglior Batman di sempre: carismatico e tormentato, senza però rinunciare all’ironia il suo Bruce Wayne; tetro, silenzioso, gracchiante ed estremamente espressivo con su la maschera del pipistrello.
A lieto fine raggiunto a rotta di collo tutto è in realtà pronto a cominciare. La rivelazione del Cavaliere Oscuro si è appena compiuta che la tavola è apparecchiata alla vera sfida campale. Mentre scorrono i titoli di coda noi restiamo con in mano il Jolly. Sta arrivando il Joker, e a Gotham, come dicevano gli striscioni del Maggio francese: «ce n’est qu’un debut».