Se una volta ci piaceva narrare di avventure ed esplorazioni nel profondo dei mari, oggi si naviga, come nei romanzi di Stevenson o Kipling, nello spazio. E in queste avventure, si sa, capita spesso di finire naufraghi su un'isola. A causa di una tempesta di sabbia, la squadra di astronauti capitanati da Melissa Lewis (Jessica Chastain) è costretta ad abbandonare la missione su Marte, ma durante il tentato raggiungimento della navicella l'ultimo della fila Mark Watney (Matt Damon) viene travolto da un'antenna e considerato perduto viene lasciato sul pianeta rosso.
Siccome la faccia del protagonista campeggia su tutto il manifesto con una frase che recita ”Riportatelo a casa”, come quei volantini sui pali della luce quando si perde il meticcio, non credo di rovinare la sorpresa a nessuno rivelandovi che invece il massiccio Matt Damon sopravvive anche a questo grazie a una fortuita circostanza. È da qui che parte l'avventura di il marziano (come da titolo originale) alias Sopravvissuto, che grazie a tanta cultura riesce ad affrontare la sfida della sopravvivenza a suon di disco dance anni Settanta (dopo 40 anni hanno preso Ziggy Stardust alla lettera) e manuali di botanica.
Ridley Scott, tra un progetto autolesionista e l'altro – tentativi di demolire la mitologia di Alien e quella di Blade Runner (avete già saputo del seguito?) – realizza un'opera avvincente che andrebbe goduta al cinema per apprezzarne tutta la magia fotografica e scenografica. Un'avventura più che uno sci-fi, dove la tecnologia è cosa materica e non un'invenzione animata e giocosa da fumetto. Anche se viene spesso da chiedersi dove si fermi la realtà e dove inizi la fantasia, e che cosa possiamo davvero fare oggi nello spazio. Di sicuro non possiamo ancora andarcene a spasso su Marte, ma una delle qualità del film rimane proprio il suo realismo.
Dopo l'Interstellar di Nolan, verrebbe da pensare che Matt Damon ami isolarsi su pianeti disabitati e a Jessica Chastain piaccia navigare nello spazio. I rimandi ad opere letterarie/cinematografiche sono numerosi, dallo scontato riferimento alle inquadrature che hanno fatto scuola di 2001: Odissea nello spazio, al meta-siparietto umoristico che approfitta della partecipazione di Sean Bean e arriva a Il Signore degli Anelli.
Mark Watney è il Robinson Crusoe dei giorni nostri, che ostinatamente e senza mai perdere il senso dell’umorismo ci parla attraverso un diario di bordo non abbandonando un classico stilema narrativo che proviene certamente dalla sua fonte letteraria, il romanzo L'uomo di Marte di Andy Weir e ci dice che davanti alle difficoltà non bisogna mai perdersi d’animo ma mangiare patate marziane.