Tra le numerose e squisite proposte, per intenditori, curiosi e affamati di abbinamenti anticonvenzionali, l’altra sera la Pro Sesto ci ha portato a condividere il magnifico scenario della millenaria Abbazia con due artisti di assoluto valore: la giovinetta cantautrice danese Agnes Obel e il tricotico australiano Scott Matthew.
Un concerto spartano, in entrambe le sessioni, solo per voce e strumenti, giusto con qualche luce minimalista che suggerisce un’atmosfera liquida e sognante proiettata sull’incombente campanile che sovrasta il palco.
Agnes Obel al pianoforte, accompagnata da Anne Muller al violoncello, si presenta in abitino da scampagnata e con una fragilità che si fa eleganza e costituisce l’essenza stessa della sua forza. Le due creano una perfetta alchimia, rilassata e naturale, nella quale ci sono tutto lo spazio necessario e il respiro adeguato per il felice matrimonio che si celebra tra testi, musiche e voci.
Quella della Obel è cristallina, venata di una dolcezza palpabile che porta il pensiero in sospensione e fa fantasticare voli su spazi aperti e incontaminati. Le canzoni sembrano costruire un’unica storia incatenata, fluida, di sapore nordico; cullano lo spettatore, ne liberano l’inconscio. Senza fronzoli, dirette, essenziali, non di rado toccanti, le due ragazze ci hanno conquistato anche per il loro virtuosismo tecnico, mai sopra le righe, ma sempre utile alla resa espressiva.
Scott Matthew arriva insieme al fido Sam Taylor e, con il sono supporto di chitarra, ukulele e un calice di vino rosso, ci trasporta nel suo universo dolente, venato di melanconia e di qualche raro bagliore. Matthew è un personaggio strano, avvolto com’è nella sua folta barba anacronistica, ma di una sensibilità che esplode attraverso l’uso straordinario di una voce bellissima, potente e ricca di sfumature. Il suo è un canto di dolore che sfiora il cuore e rischia la commozione: è impossibile non restare affascinati dal candore dei sentimenti espressi.