Sbiadire. La Milano “post-modernista” di Paolo Gamerro
Dopo una estemporanea incursione nei tragicomici e fulminanti racconti brevi di Marachelle, Paolo Gamerro torna nella sua Milano nebulosa e opalescente, seminale e tetra; una città che appare senza confini e senza spessore.
La trama di Sbiadire ci scaraventa nella personalità del giovane protagonista, scrittore rampante in attesa della pubblicazione del suo primo controverso romanzo. Questo lasso della sua vita è costellato di locali, aperitivi, conoscenze superficiali, notti brave ed esternazione della sua futura fama. Fino a quando l’attesa diventa decisamente troppo lunga ed eventi inquietanti iniziano ad accadere.
Ispirazione principale del “post-modernismo” di Gamerro è il miglior Bret Easton Ellis (quello di Glamorama e American Psycho), da cui ricava e rielabora la struttura di un racconto che comincia in un modo e a un certo punto confluisce in qualcos’altro, in una trasformazione di generi liquida ed labile.
Proprio come per l’autore americano, gli improvvisi episodi di violenza “visiva” sanciscono l’inizio di un nuovo territorio inesplorato, un improvviso graffio horror soltanto qualche volta presagito in precedenza, che ci trasporta in un mondo di ossessioni e degenerazione fisico-spirituale, punteggiata dalla stessa subdola inquietudine di Cosmopolis di Don DeLillo.
Prima di questo, Sbiadire è un apologo su altre ossessioni: la socialità 2.0, gli amici (virtuali, ovviamente), i followers, i like a ciò che si posta sulla propria bacheca, l’essere prima di tutto belli; è tutto questo ora il vero metro di giudizio, questo che stabilisce quanto si è apprezzati dagli altri.
Il carattere ossessivo di questi elementi viene portato alla luce con un’insistenza esemplare: luoghi, persone, abbigliamento, vizi e discorsi si ripetono allo stremo ma la fluidità della forma dell’autore non permette di annoiarci. Affiora prepotente la critica ad una gioventù che inneggia alla moda, a ciò che è cool nel momento storico attuale, perdendo completamente di vista l’importanza di emergere per la propria unica personalità e diversità.
Sbiadire è quindi non più solo il perdere la propria forma, mente e corpo; sbiadire diventa l’omologazione, la scomparsa dell’essere se stessi a favore di un presunto status superiore, che detta legge su come “spaccare”; sbiadire dalla realtà fisica per fondersi nelle relazioni online, superficiali per natura ma che, in grandi quantità, possono apportare un tipo di popolarità inedito nel Web e dalle ignote ripercussioni nel mondo reale.
Paolo Gamerro filtra questa realtà attraverso gli occhi del suo protagonista: un giovane sboccato e privo di una vera morale.
L’utilizzo del turpiloquio denota sì l’esasperazione di questi verso l’ambita fama, ma svela anche l’esasperazione dell’autore verso un mondo all’eccesso e alla deriva – una rabbia linguistica che ricorda la letteratura di Irvine Welsh, grazie alla quale si riscontrano strane analogie tra quella Leeds e questa Milano.