I registi francesi Eric Toledano e Olivier Nakache si ripresentano sulla scena del panorama cinematografico europeo con Samba, commedia drammatica che si muove sulla falsariga del loro precedente film, Quasi amici, grande successo di quattro anni fa. A vestire i panni del protagonista è nuovamente Omar Sy, interprete di Samba Cissé, giovane senegalese immigrato, stavolta clandestino, che vive a Parigi da dieci anni collezionando i lavori più disparati per poter sopravvivere. La sua condizione di sans-papiers lo porta inevitabilmente in un centro di immigrazione, in attesa di sapere se potrà ottenere il permesso di soggiorno o se, invece, riceverà il foglio di via. Qui conosce la volontaria Alice, bianca borghese parigina, interpretata da Charlotte Gainsbourg, che, in congedo da un lavoro prestigioso per esaurimento nervoso, sta cercando di riconciliarsi con la sua vita, sino a lì troppo incentrata sulla volontà di fare carriera. Spinti da un'iniziale curiosità e attrazione, i due finiranno col conoscersi sempre di più, addentrandosi l'uno nella vita dell'altro e cercando di aiutarsi vicendevolmente a uscire dalle loro diverse situazioni di stallo.
Nelle intenzioni dei registi, il film – tratto dal romanzo di Delphine Coulin Samba pour la France – vorrebbe esplicare e bilanciare tra commedia e dramma il tema dell'immigrazione, dei clichés e delle differenze sociali, e la perdita dei confini identitari che quest'ultime provocano. Il risultato, tuttavia, non è dei più convincenti: la leggerezza di Samba o la simpatia del suo amico Wilson, immigrato algerino che si finge brasiliano per essere più a suo agio con una vita clandestina, alla lunga, corrono il rischio di eludere il fondo tragico a partire dal quale si snoda il film. Il tono comico, cioè, sembra trovare il suo esito nel rendersi un costante elemento di disturbo, quasi impedisse, in maniera recalcitrante, al film di offrire un reale e coraggioso spessore politico o sociale ai temi che vorrebbe affrontare.
Prova di tutto ciò può essere, da un lato, il disappunto che si prova nel non vedere approfondita la figura dell'anziano zio di Samba. Oscillando tra sentimenti di durezza verso il nipote e l’amorevole volontà di dargli dei consigli, egli dà il via a una delle poche scene in grado di far riflettere in maniera profonda: suggerisce al nipote di vestirsi come un occidentale con cappotto elegante, valigetta e rivista sotto mano e offrirsi allo sguardo altrui come perfetto immigrato parigino ben integrato.
Dall'altro lato, infine, può risultare enigmatica la performance della Gainsbourg, magistrale come sempre nel maneggiare, a livello interpretativo, l’inquietudine di una crisi esistenziale ma con un’intensità troppo forte rispetto ai mancati slanci di coraggio e alle edulcorazioni proprie del film.