Cercare nell’assenza
L'arte di Giorgione secondo Anagoor
Poco o nulla si sa di Giorgio da Castelfranco Giorgione per statura e levatura morale, pittore rivoluzionario vissuto a cavallo tra 400 e 500. Personaggio enigmatico e sfuggente, interessato al misticismo, alla cabala, all’astrologia, la sua vita è avvolta nel mistero: tanto che le sue tele accertate si attestano a non più di una dozzina. E se la mancanza di notizie può essere la dannazione per uno storico dell’arte, per un teatrante potrebbe rivelarsi invece una risorsa ben più stimolante della certezza.
È ciò che accade con gli Anagoor, compagnia conterranea del pittore che porta in scena Rivelazione Sette meditazioni intorno a Giorgione al Palazzo Venezia di Roma, un edificio storico costruito parallelamente alla Venezia del 500, come specifica Marco Menegoni, interprete insieme a Paola Dallan.
In scena solo l’essenzialità di due leggii e due schermi su cui scorreranno sette quadri di Giorgione (video Simone Derai, Moreno Callegari), accompagnati da altrettante meditazioni: silenzio, natura umana, desiderio, giustizia, fede, diluvio e tempo. Scavano nell’assenza Simone Derai e Laura Curino, autori della drammaturgia: se non possono conoscere Giorgione, ci gravitano intorno, attingendo così a documenti storici, libri o atti di convegno e trasfigurandoli in materia teatrale immaginifica. Il ritratto del pittore che ne emerge si situa così a metà strada fra quello attestato dalla Storia e quello animato da una sensibilità drammaturgica che mescola abilmente frammenti biografici, versi poetici, interpretazioni di un quadro, nonché humus storico e culturale.
Fra cupi beat elettronici stridenti con le sonorità vivaci e lontane della Venezia operosa di fine 400, le voci ferme e coinvolgenti di Marco Menegoni e Dallan cercano cosa si nasconde nello sguardo della Madonna triste della Pala di Castelfranco, spiegano i possibili significati esoterici dei Tre filosofi o ascoltano in silenzio lo scroscio del temporale della Tempesta. Accade poi che la testa di Oloferne sotto il piede di Giuditta diventi in realtà il nemico che ognuno ha dentro di sé, o che la Venere dormiente, da innocente regalo di nozze si trasformi nel simbolo della distruzione del desiderio.
Ecco che i quadri di Giorgione diventano così il pretesto per innescare riflessioni liriche e senza tempo sull’uomo, sull’arte, sulla ciclicità della Storia, tracciando un ponte ideale fra la fine del XV secolo attraversato da un senso di catastrofe incombente come tutti i fin de siècle e il nostro presente, rappresentato dalle immagini delle Torri Gemelle (forse fin troppo didascaliche), simbolo di una moderna apocalisse e di quell’Anticristoche si riversa in tutte le epoche.
Come i quadri di Giorgione si nutrono di una compresenza enigmatica fra umanità e natura, così lo stesso insondabile legame sembra attraversare anche la poetica degli Anagoor. Rivelazione traccia una linea di confine fra arte e teatro, dimostrandosi così una lezione raffinata e non pedissequa, che grazie all’intersecarsi di linguaggi e registri diversi in cui l’approccio didattico si unisce ad aspetti più prettamente performativi riesce a non perdere la sua natura essenzialmente teatrale.
«Solo la sapienza, le arti e uno sguardo consapevole rivolto al futuro potranno salvare l’uomo dal turbine» affermava Giorgione; e questa sembra essere davvero la rivelazione più preziosa, sia di Giorgione che dello spettacolo.
• Virgilio Brucia – Simone Derai | Anagoor, di Giulio Sonno
Ascolto consigliato
Il Giardino Ritrovato, Palazzo Venezia, Roma – 14 luglio 2016