Riflessioni di una tartaruga morente in merito al suo assassino
Riflessioni di una tartaruga morente in merito al suo assassino, ovvero attacco al fenomenalismo intellettuale.
Sto morendo.
Lo sento: Muoio; e il mio carnefice è lì che saltella, infagottato nei suoi capi di sartoria di dubbio gusto, in estasi di fronte alla sua nuova collezione di piante esotiche, ultima di un’infinita serie di follie estetiche.
Pazzo! Pazzo superego assetato di autocompiacimento!
Eppure non riesco a provare odio per lui, neppure ora a un passo dal baratro, no, solo compassione.
Des Esseintes, per quanto possa aver capito durante questo mio breve soggiorno forzato nella sua dimora, o, più precisamente, sul prezioso tappeto orientale della preziosa sala da pranzo del suo prezioso rifugio dalla mediocre banalità, dalla normale e antiestetica realtà, è un pazzo sociopatico.
Si droga e si alcolizza, spende per comprare ogni cosa purché rientri nei suoi canoni di bello, si circonda di luci e colori insoliti, di follie cromatiche e di bombe percettive, fugge dal mondo, si nasconde dalle persone nella ricerca della pura estetica.
E si vede artista
Ipocrita! Ecco cos’è, un ipocrita.
Io sono una tartaruga di terra, sono nata in un tempo ormai dimenticato. Da qualche secolo abitavo stabilmente in una palude in Normandia quando i proprietari di un negozio parigino mi adottarono: così, da una settimana circa, mi sono trasferita a Fontenay con il mio nuovo padrone. A quanto pare sono stata comprata a seguito di un fraintendimento: Des Esseintes, cercando un oggetto di arredamento, una nuova opera d’arte per la sua dimora, è incappato nel mio carapace bruno e, innamoratosene, mi ha comprata.m Arrivata a casa sua sono stata deposta dove giaccio ancora adesso, al centro di questo tappeto orientale cangiante argentato, giallo Aladino, viola e prugna.
Accortosi però di quanto la mia normalità potesse essere nociva all’estrosità e l’incandescenza della sua alcova, ha deciso bene di farmi ricoprire il guscio d’oro e di gemme preziose, di zaffirina, di cimofane, di occhi di gatto e di altri sassi preziosi che lo hanno reso talmente pesante e refrattario all’ossigeno che ora sto morendo, oppressa da sì tanta preziosità.
Voleva rendermi un’opera d’arte, voleva nascondere la bellezza della mia natura sotto un dorato manto di ipocrisia estetica e ora chi deve pagare per il suo egoismo sono io.
Colei con cui sono in collera in questo momento estremo è, però, l’arte.
Che diritto ha l’arte di ammazzarmi?
L’arte dovrebbe imitare la Natura, non soppiantarla e forse questo damerino psichedelico non ha afferrato il concetto. Cioè, dico io, non sono forse realtà e rappresentazione due concetti distinti? Come può il mio essere diventare mimesis in nome di un’estetica ideale?
Vorrei poter parlare come lui, urlargli: Ehi tu! Io sono una tartaruga! ma forse non capirebbe lo stesso. È accecato dalla bramosia del perfetto al punto di non accorgersi come, in realtà, sia l’arte ad essere emanazione della Natura e non il contrario. Come possono legioni di Baudelaireiani dichiarare la natura un groviglio confuso districabile sono dal poeta, dal filosofo, dall’artista o dal santone di turno? È la Natura ad essere verità, non l’arte! L’essenza dell’arte è il porsi in opera della verità, è l’imitare, l’emulare la natura, non il sovrastarla, ben venga il plasmarla, ma mai annientarla.
Nella mia vita di tartaruga ho conosciuto indirettamente centinaia di poeti, di filosofi, di artisti in genere. Ho visto nascere e tramontare interi movimenti culturali, intere correnti di pensiero. Con gioia ho accolto l’età Romantica e sto abbracciando l’avvento del Positivismo e posso dire di aver salutato entusiasta la scomparsa degli eccessi barocchi di cui il mio guscio può farsi araldo. Se devo pensare alla mia concezione di Arte l’opera che meglio potrai apprezzare in quanto tale è Paolina Borghese, opera nella quale un certo italiano ha saputo conciliare l’idealizzazione Neoclassica e la soggettività sentimentale Romantica. Perché fare arte è condurre la propria opera oltre al mero soggetto, è rappresentare una nobildonna come una dea, sintetizzare in un drappo scolpito nel marmo la potenza dell’erotismo. Ecco cos’è l’arte: sintesi della natura nella diretta concretezza dell’opera.
Muoio sì, ma ringrazio di aver avuto tempo per queste mie ultime riflessioni
Perdono Des Esseintes e spero che prima o poi possa scoprire la Natura e trovare in essa la pace dei sensi.
Perdono l’arte e mi scuso per averla ingiustamente accusata, grazie per vestire la natura con sete preziose.
Estetica, io ti maledico! Che la mia morte possa essere manifesto della tua crudeltà, che lo squallore del mio nuovo corpo privo di vita sia monito per Arte e Natura contro gli errori della tua sciocca utopia!