Reagire per ricominciare ad agire
Dalla provincia dell'impero lo ZUT! 're:act'
La cultura è uguale per tutti? Sembrerebbe proprio di no. Ma guai a cadere nella facile retorica: la disparità per quanto deprecabile è pur sempre il motore principale della diversità, quindi di una contro-ricchezza. Gli esperimenti novecenteschi di comunismo, dopotutto, ci hanno dimostrato cosa accade quando si attuano processi di normalizzazione forzata: materialismo stalinista. Come scriveva Berlin, l’uguaglianza è un bel fine ma è irrealizzabile, perché siamo e sempre saremo diversi. Non dobbiamo certo appiattirci. Insomma, non c’è tanto da cancellare le differenze quanto semmai da integrarle.
A ben pensarci, infatti, la vera grande eredità del moderno Occidente è il principio (perennemente disatteso) di autodeterminazione dei popoli, per cui non esiste un modello giusto e uno sbagliato, esiste soltanto una storia. Ed è solo e a partire da essa che ciascuno può giungere a una propria evoluzione.
Proprio questo ci sembra sia stato il principale difetto della riforma del Fondo Unico dello Spettacolo: non aver tenuto sufficientemente conto della grande diversità teatrale – storica – di ciascuna regione, applicando un criterio unitario a un paese che unitario non è mai stato. Chiedere crescita, innovazione, ricambio, come se i frutti venissero dal mercato anziché dalla terra.
Una miopia, questa, tutta politica che punta ai risultati senza passare per la realtà. Ed eccoci così nel teatrino del consenso, del clientelismo, dei leader cosiddetti carismatici, dei populismi, delle destre nazionaliste, dei sistemi parastatali spesso di stampo mafioso. Tutti a cercare la ri-formula magica quando qui innanzitutto c’è da ricucire un tessuto sociale: come accade dopo i terremoti (reali o metaforici che siano) bisogna ripartire da un sentimento culturale condiviso. Dalla presenza. Si guardi anche solo alle nuove terne degli Ubu, tolta qualche felice eccezione è la dimostrazione che manca la curiosità: soliti teatri, soliti festival, soliti spettacoli – e la ricerca dov’è?
Però c’è sempre un “però”, perché presto o tardi la reazione dal basso arriva. Se le metropoli falliscono, dobbiamo puntare gli occhi alla “provincia dell’impero”, sia essa la periferia o i centri minori. Si pensi ad esempio alla recente attività di Fuori Luogo a La Spezia, di Kronoteatro ad Albenga (SV), de La Corte Ospitale a Rubiera (RE), del Teatro Comunale a Novoli (LE), di Santa Briganti a Vittoria (RG), o del rinato Teatro Biblioteca Quarticciolo a Roma, solo per citarne alcuni (i numerosi assenti non ce ne vogliano).
Buoni segnali giungono anche dal Centro Italia. Parliamo dello Zut! di Foligno (PG). In pieno centro storico, rimasto chiuso per anni in seguito al terremoto del ’97, l’ex cinema Vittoria ha riaperto i battenti nel maggio 2014 grazie a Emiliano Pergolari e Michele Bandini – già compagnia Zoe, nonché “guide” della non-scuola delle Albe – che hanno deciso di ripensare lo spazio e scommettere su una proposta finalmente contemporanea (seguirà poi nel 2015 la rassegna Performing Santacaterina, a cura delle realtà folignati La Società dello spettacolo e ViaIndustriae; ottimo segno di co-operazione cittadina che prosegue nel segno del comune progetto di residenze artistiche Foligno InContemporanea).
Ma perché è così importante? L’azione di re: act – questo l’emblematico nome della stagione – è fondamentale per due ragioni: da un lato perché emancipa la provincia dal provincialismo (di chi non avendo l’offerta delle grandi città è costretto a sorbirsi gli spettacoloni, i volti televisivi e le compagnie amatoriali); dall’altro perché un seme diverso piantato in un orto piccolo ma ben curato – e seguito (i prezzi sono iperdemocratici) – ha molta più possibilità di mettere vere radici e dare frutti inaspettati. D’altronde, chi è “digiuno di diversità” è sempre più recettivo (nel bene o nel male che sia, poco importa) agli stimoli esterni.
Come riporta Lucia Medri su TeC: «La scelta […] risiede nel non proporre spettacoli rispetto ai quali lo spettatore si possa riconoscere, quanto piuttosto programmare in stagione lavori che creino delle crisi, scontri/incontri stimolanti al fine di incuriosire lo sguardo e non impigrirlo attraverso una visione confortante.»
Ripetutamente abbiamo registrato su queste pagine l’impasse di festival avvitati nella ricerca della valida offerta, quando spesso a mancare è innanzitutto il contatto con il pubblico e con la storia, come se le cose non potessero andare di pari in passo. Sicuramente c’è una grave disattenzione da parte delle amministrazioni, però è anche vero che troppe volte si continua a spalleggiare spettacoli che saranno apprezzati da tanti “pochi” ma visti da pochi “tanti”.
Ecco allora che recuperare e proporre lavori di ricerca non più di primo pelo come Invisibilmente (2008) dei faentini Menoventi e Him (2007) dei ravennati Fanny & Alexander – secondo appuntamento di re: act 2016/2017: sala piena e generosa risposta – rappresenta un’occasione preziosa per avvicinare ai linguaggi del teatro contemporaneo offrendo le migliori chiavi di accesso al teatro di ricerca, realizzando appunto quella continuità tra passato e presente, quel processo di storicizzazione invocato in apertura, che oggi ci sembra essere necessario più che mai.
Ascolto consigliato
ZUT!, Foligno (PG) – 9 dicembre 2016
Foto:
©Spazio ZUT!
Menoventi Invisibilmente (ph. ©Olimpio Mazzorana)
Fanny & Alexander Him (ph. ©Enrico Fedrigoli)