Quartet Gala – Mats Ek | Ana Laguna | Susanne Linke | Dominique Mercy
Quando i saggi parlano, gli uomini comuni stanno in silenzio e ascoltano.
Recita così un vecchio proverbio cinese; di fronte alla grandezza di certi uomini, le persone non possono fare altro che ascoltare. Ed è proprio ciò che è successo nelle serate di Quartet Gala (ideazione e produzione del progetto a cura di Daniele Cipriani) che il Teatro di Roma ha dedicato a quattro grandi maestri della danza contemporanea: Dominique Mercy, Mats Ek, Ana Laguna e Susanne Linke.
Danzano questi giganti con sopra le spalle esperienze decennali nel campo della danza contemporanea, e sembrano aver fatto un patto con il diavolo per mantenere fresca una vitalità e una agilità sorprendenti.
In comune con la vecchiaia hanno solo una cosa, l’esperienza, che si traduce tematicamente nelle loro coreografie quale espressione del ricordo, della memoria, delle memorie. I loro movimenti infatti si fanno fluidi, senza più alcun vincolo o timore, pregni del segno del tempo eppure da esso completamente emancipati: sono gesti ripetuti che nella loro sapiente ciclicità generano una forza dirompente in grado di evocare stati d’animo e emozioni che raccontano una vita intera.
Se in That Paper Boy Dominique Mercy (volto storico del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch) sfida il silenzio e l’immobilità con una performance tutta incentrata su un plié scomposto che fa fatica a nascere e si sviluppa come un monologo danzante (coreografia di Pascal Merighi); Potato e Memory, invece, le due coreografie di Mats Ek che il coreografo svedese danza insieme alla sua compagna d’arte e di vita Ana Laguna, diventano più narrative.
Parlano attraverso la musicalità dei gesti ripetuti, delle espressioni tenere intrecciate a una sensualità viva che descrive una complicità scenica che sfonda la quarta parete del teatro. Giocano i due danzatori mantenendo intatta una spontaneità infantile, unica, che viene cristallizzata dalla tecnica. In un continuo flusso di movimento raccontano al pubblico la loro intimità presente negli oggetti della casa di Memory e nelle gag di Potato. Entrambe le coreografie sono la storia di questa coppia, della loro quotidianità e di un amore ancora vivo nonostante gli anni, l’abitudine, la routine.
Ritornando sui passi della propria rilettura de Le Sacre du printemps, infine, Susanne Linke (caposcuola della cosiddetta “nuova danza libera”) con A Lost Solo With Greeting to Dore regala attimi introspettivi, con una danza intima che si muove intorno a un cerchio magico, luogo di incontro, di memoria, di antico e nuovo ritrovo.
Probabilmente i quindici minuti di applausi della platea entusiasta dell’Argentina non bastano per rendere il giusto tributo a questi maestri del secondo Novecento: uomini e donne che oltre a mantenere intatto la loro passione e la presenza fisica dei danzatori non hanno dimenticato una delle doti più importanti che caratterizza solo i grandi artisti: l’umiltà di gesti e parole.
(Foto ©Enrico Ripari)