Puglia, abbiamo un (?) problema
La ex isola felice tra bandi e distribuzione
Giove disse a la Pecora: – Nun sai
quanta fatica e quanto fiato sciupi
quanno me venghi a raccontà li guai
che passi co’ li Lupi.
È mejo che stai zitta e li sopporti.
Hanno torto, lo so, nun c’è questione:
ma li Lupi so’ tanti e troppo forti
pe’ nun avé raggione!Trilussa – La giustizzia aggiustata
La notizia è un po’ datata ma conviene tornarci su per tentare di ampliare il discorso. Già a febbraio, in un suo editoriale, Fabrizio Versienti, critico e giornalista del Corriere del Mezzogiorno, aveva evidenziato come le politiche culturali pugliesi avessero iniziato a dare qualche cenno di risveglio. Se con il vecchio governatore (Vendola), infatti, l’investimento sulla cultura era «parola d’ordine», con il suo successore (Emiliano) la Regione ha dovuto attendere un bel po’ di tempo prima di ottenere un piano funzionale che consentisse l’attuazione di progetti a breve/medio termine. Come sottolinea lo stesso Versienti, però, a rimanere sono i (tanti) dubbi su modalità e, soprattutto, tempistica.
Facciamo un breve salto in avanti. Nella seconda metà di marzo C.Re.S.Co. (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea) ha pubblicato un comunicato che, nonostante l’indifferenza dei quotidiani pugliesi, ha fatto il giro del web grazie alla condivisione di alcune testate online del settore (ateatro, PAC, Il Pickwick). Il punto focale riguarda l’investimento triennale (2017/19) di circa 75 milioni di euro da parte della Regione Puglia che avrebbe dovuto assicurare alle imprese culturali, e nello specifico a quelle teatrali, una normale e tranquilla pianificazione dei rispettivi progetti.
Cominciamo dalla base. Le imprese teatrali hanno avviato i progetti nel gennaio 2017 a fronte di un bando in scadenza il 31 luglio 2017. Le graduatorie provvisorie sono state approvate dalla Regione Puglia il 20 febbraio 2018 e diventate definitive in data 27 marzo. Finito qui? Non ancora, perché solo successivamente è stato possibile firmare le convenzioni, in maniera tale da poter richiedere un’anticipazione bancaria ancora non pervenuta. Questo, brevissimamente, l’iter burocratico. Ma cosa è avvenuto durante i lunghi mesi – non ancora del tutto terminati – di attesa?
Semplice. Le imprese teatrali hanno dovuto fronteggiare una situazione ai limiti del paradosso, utilizzando le proprie disponibilità monetarie per poter garantire – ovviamente tra alti e bassi – i servizi offerti ai cittadini e, soprattutto, versare quei contributi che rappresentano una delle prerogative necessarie per beneficiare del finanziamento regionale, erogato infatti solo dietro verifica del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva). In breve, è come se la Regione avesse detto alle imprese: «Tranquilli eh, i soldi prima o poi ve li diamo; solo, per ora, anticipateli con i vostri flussi monetari senza fondo».
Tralasciando la questione che mettere nella stessa frase «flussi monetari senza fondo» e «Cultura» – o peggio ancora «Teatro» – faccia assumere alla stessa la parvenza di una barzelletta, e tralasciando anche che le imprese riusciranno a uscire (con le ossa rotta, probabilmente) da questa spinosa situazione; il vero nodo cruciale è: se il problema dovesse ripresentarsi cosa accadrebbe? Già, perché se questo triennio ormai è pressoché “andato”, siamo quasi certi che se si dovesse ripresentare un’analoga situazione in futuro, con tutti gli arzigogoli del caso, i saluti finali da parte di qualche impresa non sarebbe un’ipotesi così difficile da prevedere.
Ma c’è ancora un passaggio presente nel comunicato C.Re.S.Co. che vale la pena prendere in considerazione:
« A mantenere in piedi le imprese dello spettacolo pugliese è la qualità del loro lavoro e la loro capacità di circuitazione che le porta ad investire per la progettazione sul territorio le loro risorse provenienti da attività di tournée extraregionale».
Qui viene a galla un altro problema presente in Puglia, ossia la programmazione, non sempre stimolante, dei cartelloni nei teatri sparsi per il territorio. Ovviamente sono presenti esempi virtuosi che sono riusciti, nel corso degli anni, a trarre linfa vitale dal territorio, a bilanciare una proposta artistica adatta a far fronte alle necessità di un pubblico inevitabilmente eterogeneo, a cercare di anteporre la qualità ai nomi di facile richiamo o quantomeno a costruirsi un’identità ben precisa e riconoscibile. Stiamo parlando del Tric-Teatri di Bari (Kismet e Abeliano), di Koreja (Lecce) e, ovviamente, delle Residenze artistiche. Specie nei comuni medio-piccoli, però, la tendenza è di rimediare facili consensi tra il pubblico ed evitare rischi di ogni sorta in stagioni in cui le amministrazioni di turno – direttamente o indirettamente – hanno un ruolo talvolta rilevante nella pianificazione. Un modus operandi discutibile, anche in virtù degli ottimi risultati raggiunti quest’anno dal Teatro Garibaldi di Bisceglie (stagione Tpp, nonché una delle migliori della regione) diretto da Carlo Bruni, riuscito a portare – riempiendo la platea – spettacoli come Macbettu di Alessandro Serra, Vocazione di Danio Manfredini e La vita ferma di Lucia Calamaro in un comune di circa 55.000 abitanti. Non è poco.
Precisato questo aspetto, però, occorre spostarsi sul versante più interno per tentare di comprendere qual è la reale presenza del teatro pugliese nel suo stesso territorio. Considerando che non è affatto complicato ritrovare gli spettacoli di “casa” all’interno di festival, rassegne e spazi-off, basta dare una rapida occhiata alle stagioni dei vari teatri (qui quelle del circuito Tpp) per capire che la musica cambia, e non di poco. Ci si ritrova sovente, infatti, a scontrarsi con scelte orientate verso un’offerta facilmente riconoscibile per popolarità dell’opera o, soprattutto, notorietà degli interpreti; mentre la “sopravvivenza” di una parte produttiva regionale è garantita spesso e volentieri da una logica di scambi che, per forza di cose, ne estromette un’altra, di parte, altresì valida.
Rimaniamo dunque al Teatro Garibaldi facendo ancora qualche passo indietro, precisamente nel novembre 2017, periodo in cui ha avuto luogo Maestri e Margherite, seconda edizione del prologo (diretto dallo stesso Bruni) della stagione teatrale di Bisceglie. Una quattro-giorni caratterizzata da un programma che, tra i molteplici appuntamenti, ha messo in relazione alcune delle più importanti “istituzioni” produttive regionali (Koreja, Teatri di Bari, Crest) con produzioni indipendenti accumunate da uno stretto legame con la Puglia (Piccola Compagnia Dammacco, La Ballata dei Lenna). Il minimo comune denominatore è la difficoltà a entrare nel sistema distributivo pugliese nonostante una concorrenza, forse, non esattamente spietata. Vediamone qualche esempio.
Partiamo da Frame, spettacolo prodotto da Koreja per la regia di Alessandro Serra (Premio Ubu per Migliore Spettacolo con Macbettu), che in questa stagione pugliese, a parte il debutto regionale tra le mura casalinghe, è andato in scena solo al Curci di Barletta. La base di partenza è l’universo pittorico di Edward Hopper, colto per imprimere sul palco immagini che si compongono per poi disgregarsi e ricomporsi nel buio del palco. Non è infatti la componente biografica o la storia celata dietro i quadri dell’artista statunitense l’intento della messinscena, quanto la ricerca dell’attimo, di quel frammento capace di riportare alla ribalta quella solitudine, quel breve, incessante e sfuggente istante di vita che nulla svelava ma tanto rivelava l’arte di Hopper.
La tela su cui imprimere queste istantanee è un palcoscenico grigio, profondo, dalle pareti alte e crespe. Qui, squarci di luce illuminano i corpi e le ombre dei protagonisti in scena che, in rigoroso silenzio, si inseguono, susseguono, si sfiorano fino a rimanere cristallizzati in un universo composto di fugaci incontri, dialoghi impossibili e onirici quanto vani inseguimenti. La musica asettica e i rumori accentuati diventano parte integrante di questo non-racconto, di questo viaggio nella solitudine in cui il gesto, il movimento e la quasi maniacale cura del dettaglio conducono verso un sorprendente perfezionismo formale che, però, forse limita lo spazio al lato puramente emotivo. (Per un approfondimento/confronto critico, qui le recensioni di Sergio Lo Gatto e Matteo Brighenti).
Sembra già avviato verso il pensionamento (nonostante un debutto datato 2015), invece, Blue Bird Bukowski, sfida di un attore votato alla tradizione popolare come Vito Signorile, in questa circostanza guidato da una regia (Licia Lanera) sicuramente fuori dai suoi abituali canoni e dalla drammaturgia cruda ma allo stesso tempo poetica di Riccardo Spagnulo. Solo alcune repliche nel “suo” Teatro Abeliano quest’anno, per uno spettacolo che nell’ultimo anno si è anche rinnovato, trovando maggiore equilibrio e intraprendenza con l’innesto di Sara Bevilacqua nel ruolo inizialmente ricoperto da Mary Dipace.
Prova di grande carattere e mestiere quella di Signorile, nei panni di un Bukowski dal corpo e dall’animo stremato da vizi e anni che non fanno mai sconti. La poesia, l’acol, il sesso, il disincanto verso quel sogno effimero chiamato America emergono nel dialogo con una giovane infermiera (Bevilacqua), contraltare del suo canto del cigno, o del brutto anatroccolo. Un incontro che parte e si consuma in una gelida sala di obitorio e destinato a stravolgere l’esistenza di lei e suggellare l’ultimo viaggio terreno di lui.
In questa anticamera della morte, dunque, le distanze tra i due – nitidissime all’inizio – vengono quasi azzerate, in una conversazione che diventa via via sempre più affabile, accattivante e sfociata in un passionale amplesso che capovolge le visioni, conferma le abitudini, dona luce a quell’irriverente, eccessivo e spudorato lerciume che non riesce, però, mai a nascondere la poesia, la fragilità di un uomo, ancor prima che scrittore, costantemente tormentato dai propri spettri.
Chiudiamo con una compagnia piemontese composta, però, per due terzi da pugliesi: La Ballata dei Lenna. Se non fatichiamo a ritrovare, infatti, la giovane compagnia all’interno del festival andriese Castel dei Mondi, è più complicato scorgere il loro nome all’interno delle stagioni. A Bisceglie portano in scena, oltre al loro ultimo lavoro Human Animal, uno dei primissimi spettacoli della loro carriera – Cantare all’amore (2013) –, una fiaba surreale (almeno di primo acchito) che affonda le radici nello stereotipo per poi districarsene – forse non del tutto – e mostrare lampi di nuda e nauseante realtà.
Nella scena claustrofobica – un’abitazione simile a un tugurio – una ragazza letteralmente baciata da madre natura, usa la sua bellezza per farsi sposare da un facoltoso uomo che non ama realmente. Accanto a lei sua sorella, perfetta antitesi della promessa sposa, con la sua goffaggine unita a un incondizionato servilismo sempre in bella mostra; e il sarto, timido e impacciato, con il compito di rattopparle, assemblando vari vestiti usati, l’abito nunziale. Tre personaggi sgangherati, quindi, con la più bella e sicura dei tre che cerca di prendersi in ogni modo il centro della scena mentre sottotraccia, silenziosamente tra gli altri due inizia a nascere un principio di complicità.
Così, in questa topaia, tra dialoghi sospesi, incertezze svelate, canzoni timidamente intonate, scatti d’ira e cocenti rifiuti i tre scopriranno di essere più vicini di quanto nemmeno lontanamente sospettato, facce di una stessa medaglia più orientata a percorrere la via più semplice, a cercare l’antidoto alla vita piuttosto che ad affrontarla rischiando, magari, di rimanere bruciati ma pur sempre vivi.
Questi erano, dunque, solo alcuni degli esempi forniti da Maestri e Margherite. Ovviamente è una lista puramente parziale di eccellenti esclusi da un sistema di distribuzione che a volte mette un po’ troppo ai margini la feconda produzione regionale o a cui, forse, manca un dialogo costruttivo tra le varie parti incaricate alla costruzione dell’annuale cartellone. Considerando che in Puglia il tempo medio di permanenza di uno spettacolo è di due giorni, fondamentalmente concentrato nei weekend, significa che, il più delle volte, non è raro lasciarsi scappare via una visione o, nella peggiore delle ipotesi, non venire nemmeno a conoscenza dell’esistenza di alcune compagnie presenti nel territorio. Il rischio è, quindi, che la conclamata fioritura teatrale degli ultimi dieci anni venga percepita solo da compagnie e operatori del settore.
Puntare sulle risorse interne – se valide, s’intende – è sempre auspicabile, ma questo non significa assolutamente monopolizzare le stagioni con spettacoli regionali; però, forse, cominciare a bilanciare, allora, magari sacrificando qualche spettacolo di facile richiamo, sarebbe già un passo avanti.
Ascolto consigliato
FRAME
progetto e ideazione Alessandro Serra
con Francesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Maria Rosaria Ponzetta, Emanuela Pisicchio, Giuseppe Semeraro
regia, scene, costumi e luci Alessandro Serra
realizzazione scene Mario Daniele
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
un ringraziamento a Anna Chiara Ingrosso
tecnici Mario Daniele, Alessandro Cardinale
organizzazione e tournée Laura Scorrano e Georgia Tramacere
produzione Koreja
co-produzione Compagnia Teatropersona
BLUE BIRD BUKOWSKI
drammaturgia Riccardo Spagnulo
regia Licia Lanera
con Vito Signorile e Sara Bevilacqua
luci Vincent Longuemare
scene Michele Iannone
CANTARE ALL’AMORE
di e con Nicola Di Chio, Paola Di Mitri, Miriam Fieno
supervisione al testo Michele Santeramo
supervisione alla regia e disegno luci Cosimo Severo
spazio scenico Vincenzo Scarpiello e Nicola Di Chio
spazio sonoro Giuseppe Lamenta
datore luci Vincenzo Scarpiello
in collaborazione con Teatro Minimo
con il sostegno di Fondazione Campania dei Festival/E45 Napoli Fringe Festival – Regione Puglia – Teatri Abitati – Regione Piemonte – Fondazione Live Piemonte dal Vivo – Provincia di Alessandria
Maestri e Margherite, Bisceglie (BAT) – 16 e 17 novembre 2017