Pouilles.Le ceneri di Taranto – Amedeo Fago
È una vecchia storia. Il primo nemico della fruizione libera di uno spettacolo è l’orizzonte di attesa, l’inevitabile aspettativa che si crea, magari partendo dal titolo, o dalle righe di presentazione sbirciate nel foyer.
È una vecchia storia anche Pouilles Le ceneri di Taranto , lo spettacolo di e con Amedeo Fago, o forse sarebbe più preciso dire per Amedeo Fago. In prima nazionale al Teatro Vascello per Le vie dei Festival, il maestro regista e scenografo porta in scena sé stesso, innescando un dispositivo metateatrale che, attraverso la sovrapposizione di autore, attore e personaggio, tenta di restituire al suo (e al nostro) presente, il passato di famiglia.
Il pretesto è il racconto di una visita al cimitero della sua città di origine Taranto , dove per sbrigare delle incombenze amministrative Fago si ritrova a ricostruire il suo albero genealogico. Parte così una ricerca sussurrata da una voce fuoricampo, che si appoggia delicatamente al video e ai gesti dell’autore/narratore, mentre questi si muove tra una vecchia scrivania e due bauli.
Grazie ai suggestivi effetti speciali (Davide Ippolito e Luca Di Cecca), lo spettacolo trova il suo ritmo e coinvolge con la moltiplicazione dei piani spazio-temporali e quindi dimensionali: il teatro è sempre stato un’arte tridimensionale fatta di vita che vibra sul palcoscenico, ma le evoluzioni messe in scena attraverso le animazioni in video creano una profondità che, dal tecnicismo ad effetto si fa simbolismo metaforico. Così da un cimitero dismesso si giunge agli interni ottocenteschi, ai profumi della tradizione domestica meridionale, alle emozioni dalle trincee delle esistenze di primo Novecento.
Le vecchie foto di famiglia prendono vita, si muovono verso la scena fino a sfiorarla e raccontano una storia che seppur privata appare universale: mentre Amedeo Fago sfiora documenti, oggetti e abiti di famiglia, dal video si libera la carne di quelle donne e di quegli uomini che, raccontando la propria storia, svelano quella di un’intera nazione. Guerre mondiali e amori, matrimoni e morti precoci, emigrazioni e nostalgie, fino al confronto diretto poetico, anche se forse poco efficace sul piano drammaturgico tra l’ormai vecchio figlio e un giovane padre redivivo. I due si scrutano in scena, Amedeo e Nicolino però non sono più padre e figlio ma proiezioni delle necessità emotive di chi si è ritrovato a dover indagare sulla propria storia e a non poter fare a meno di raccontarla a teatro.
Un’autobiografia poetica messa in scena con l’arma in più dell’animazione video, un’affascinante seduta pubblica di autopsicanalisi, che però lascia aperto un interrogativo: uno spettacolo che si intitola Pouilles (il francese di Puglie) Le ceneri di Taranto, non lascia forse presagire a una rappresentazione in cui la città, se non la regione, sia protagonista o almeno più di un pretesto?
Quel titolo, quelle ceneri urbane, non meritavano forse una dimensione più ampia nell’epopea familiare e personale di un autore, che pure accenna al degrado metallico della città dei due mari?
Vecchie storie e forse solo questioni di orizzonti d’attesa.
Teatro Vascello, Roma – 17 settembre 2015