Matteo Cerboncini, classe 1986, ha imbracciato la prima chitarra quando non era ancora sufficientemente alto da poterla superare. La passione per la musica, trasmessa dai genitori musicisti, gli permette di calcare il primo palco all'età di nove anni ma è solo dal 2004 che comincia a maturare numerose esperienze live in cover band, soprattutto nel Nord Italia. Diplomato al MCR di Donato Begotti, presso l'Accademia del Suono di Milano, si divide tra l'insegnamento e vari gruppi, tra cui gli Half Step Dow e i Mama Suya.
Da quanto tempo suoni, come sei arrivato a desiderare che la musica fosse più di una semplice passione?
È’ stata una scelta automatica. Ho toccato la prima chitarra, grazie a mio padre, quando avevo solo sei anni e praticamente, in tutta la mia vita, non ho fatto altro. Si può dire che è stata la musica a scegliere me.
Il tuo myspace ( http://www.myspace.com/guitcerbo) recita play til your fingers bleed. Quanto contano l'esercizio e lo studio, per fare il chitarrista?
Dipende da che tipo di chitarrista hai deciso di essere. Maggiore è l'esercizio, migliore sarà la precisione tecnica, il virtuosismo. Ci sono illustri teorici dello studio che consigliano di esercitarsi tutti i giorni, anche dieci ore al giorno, per anni. Indubbiamente maggiore è il tempo passato a prendere confidenza con la propria chitarra, migliore sarà la padronanza che se ne ha. Tuttavia non sempre la precisione è la componente fondamentale. Per diventare un grande bluesman, ad esempio, saranno altre le priorità da considerare, come l'ascolto o la trascrizione di fraseggi interessanti.
Qual è stato il live o la jam session che ti ha dato più emozioni?
Suonare a Londra, in un club di Soho, è stata indubbiamente l'esperienza più emozionante, per ora. Per la prima volta ho sentito il pubblico realmente interessato e attento a quello che stavo suonando, alla mia musica. E per un musicista non c’è nulla di meglio.
Suonare nei locali. Quanto è difficile, per una band o un musicista giovane, trovare spazio in una realtà provinciale come la nostra?
Dipende da quanti soldi vuoi. Purtroppo è la discriminante più importante.
Jam della vita. Hai la possibilità di scegliere chi vuoi con te sul palco. Chi chiami?
Il sogno nel cassetto sarebbe dividere il palco con Jaco Pastorius al basso e Billy Cobham alla batteria. E mi sarebbe piaciuto suonare in una jam con Danny Gatton, per vedere se ne sarei uscito non dico a testa alta, ma perlomeno vivo.
Quali sono le rinunce da fare, per un musicista? A che prezzo personale, si suona?
Partendo dal presupposto che chi ha scelto di fare questa vita, chi ha deciso di suonare, sa perfettamente a cosa dovrà rinunciare e, se è davvero innamorato del proprio lavoro, non vede queste rinunce come un peso. Da un punto di vista umano sono molte le cose di cui si deve imparare a fare a meno, può capitare di dover sacrificare una serata con la fidanzata o con gli amici per potersi esercitare o perché ci si deve esibire. Però ripeto, se queste rinunce pesano, forse, non si è adatti per questo tipo di lavoro.