Paper Street intervista Duccio Demetrio
Quando un accademico, filosofo, professore di Filosofia dell’educazione e di Teorie e pratiche della narrazione decide di scrivere un’autobiografia, il rischio che si tratti di un’opera riservata a pochi eletti è dietro l’angolo. Ma quando l’intellettuale in questione decide di offrire ai suoi lettori una Green Autobiography, un’autobiografia verde, ecologica ed econarrativa, allora tutto cambia, e l’eclettico Duccio Demetrio, perché di lui si tratta, riesce a regalare a chi lo ascolta un’esperienza interessante e coinvolgente, legando esperienze profondamente personali al concetto di natura e alle sue molteplici forme espressive.
Da anni promotore di innumerevoli ricerche nell’ambito dello sviluppo del pensiero interiore e autoanalitico, Duccio Demetrio è anche direttore scientifico della Libera università dell’Autobiografia di Anghiari (AR), da lui fondata nel 1998 con Saverio Tutino, e dell'”Accademia del silenzio”. Più che un’intervista, quella con Demetrio è stata un flusso incontrollabile di riflessioni, ricordi d’infanzia, emozioni condivise ed esperienze personali e collettive, unite da un filo conduttore decisamente green, termine così in voga ma dalle mille sfaccettature.
Come nasce la voglia di mettersi in gioco scrivendo qualcosa di così personale come un’autobiografia?
Mi sono sempre dedicato alla produzione di testi filosofici sulla condizione umana in età adulta, ma questa volta ho voluto rapportarmi con l’esperienza del racconto di sé, facendolo in prima persona, proprio io che, negli ultimi anni, mi sono dedicato alla produzione di autobiografie altrui. In questo lavoro ho mantenuto intatto il mio interesse per la cultura del silenzio, quello della natura, in contrasto con la prepotenza dei suoni della contemporaneità, che ci impediscono di pensare e riflettere. Custodire memorie personali e collettive diventa un compito fondamentale per tutti noi. Inoltre, la scrittura autobiografica è molto più ricca rispetto al linguaggio orale, ci permette di concedere maggior spazio alla meditazione. La scrittura è uno strumento di esplorazione potentissimo, non dimentichiamolo mai.
Perché un libro dedicato, sostanzialmente, alla natura? Qual è la sua storia?
Ho scelto di iniziare questo mio libro con una serie di frammenti e brevi racconti personali, tratti da uno dei laboratori di riflessione che tengo in giro per il Paese, momenti di condivisione nati da una semplice domanda: “Cosa ricordi dei tuoi primi anni di vita?”. Proprio qui ho compreso che buona parte dei nostri antichi ricordi sono legati alla natura: per questo dobbiamo tornare ad “assaggiare la terra”, a dare la giusta importanza ai “ricordi di radice”, come amo chiamarli, flashback che corrispondono a delle immagini ben precise.
E per quanto riguarda il titolo, come giustifica la scelta della lingua inglese?
Non si tratta di un allineamento alla moda odierna, ma della scelta di due parole ben precise: innanzitutto “green”, un aggettivo e un modo di dire di portata planetaria, conosciuti da tutti, sinonimo di rispetto per la natura e dell’importanza della difesa del pianeta, l’unico fattore che permette un’alleanza collettiva, fra credenti e atei, senza pregiudizi né discriminazioni. L’altro termine, “autobiography”, composto da tre parole di origine greca, in realtà è stato utilizzato soltanto a partire dalla fine del Settecento, un’epoca non casuale, quella del passaggio tra Illuminismo e Romanticismo, una parola energica, a metà tra risveglio della scienza e scoperta della soggettività e dell’individualità.
In questa sua opera ha introdotto l’idea di “ecologia narrativa”, di che cosa si tratta?
Ho voluto attribuire a questa locuzione una legittimazione culturale, una ragion d’essere, attingendo al mondo dell’ecologismo e dell’ambientalismo nella sua peculiarità semantica, che deriva da saperi riconducibili alle tradizioni umanistiche della poesia, della letteratura, dell’arte e dell’estetica. La natura ci guida nel racconto di noi stessi, interagisce con noi e ci condiziona, anche dal punto di vista prettamente narrativo.
Visto che si tratta di un’autobiografia, ci racconta qualche aneddoto legata alla sua vita, magari alla sua infanzia?
Ho moltissimi ricordi della mia prima infanzia, in primis il mio sogno più grande di bambino curioso e legato alla natura, quello di diventare un ornitologo, mestiere che all’epoca si colorava di magica suggestione. Poi ricordo i pomeriggi passati con mio zio a pescare sull’imponente fiume Po, l’orto di mio nonno, la bellezza dei campi coltivati e della natura in ogni sua forma, questo “vivente non umano” così forte e potente, che ha pari diritti e pari importanza rispetto all’essere umano, e che ci comunica un messaggio che noi dobbiamo cogliere con intento divulgativo e pedagogico. Tutti abbiamo origini “green”, una passione innata che nasce dall’osservazione della natura nella sua piena bellezza, e le siamo legati indissolubilmente nel suo continuo ciclo di vita e morte.
Un concetto ricorrente, oltre al legame uomo/natura, è quello della religiosità del mistero: come dobbiamo interpretarlo?
Nel libro mi approccio a questo concetto raccontando, neanche a dirlo, una mia esperienza del passato: quando avevo tre anni circa mio padre, per placare la mia continua sete di conoscenza, mi disse di osservare il cambiamento di una manciata di semi di lenticchia all’interno di un po’ di bambagia: l’attesa durata alcuni giorni e, infine, la nascita dei primi germogli, assunsero all’epoca un’aura di magia, di rispetto religioso e sacro, al punto che credetti esistesse un dio delle lenticchie, e non soltanto di quelle, una sorta di politeismo infantile. Tutto questo per sottolineare l’importanza di provare esperienze che non dipendono dall’uomo, ma da una grande energia vitale e naturale, la natura come fonte di stupore e meraviglia continue, l’importanza della trascendenza, dell’immanenza, del rapporto tra vita e materialità. C’è una profonda religiosità in tutto questo, legata al concetto di cura e custodia di ciò che ci circonda e ci condiziona nella nostra esistenza.
Green Autobiography alterna parti scorrevoli e discorsive ad altre più tecniche e affini alla forma del saggio e della divulgazione scientifica, com’è riuscito a renderla appetibile anche al lettore non addetto ai lavori?
In effetti è così, nel mio libro sono presenti anche aspetti di carattere più tecnico, legati alla tradizione della letteratura green, una letteratura di carattere mondiale sviluppata soprattutto negli Stati Uniti e nei Paesi anglofoni, che si sofferma su aspetti della vita naturale di flora e fauna, e nasce dal desiderio di scrivere e poetare su tutto ciò che è legato alla natura. Di certo non una novità, se pensiamo ad autori della storia della nostra letteratura quali Pascoli, Leopardi e, andando ancor più a ritroso nel tempo, Virgilio. Purtroppo nel mondo scolastico questi riferimenti vengono spesso trascurati, ma è necessario trasmettere anche ai più giovani l’amore per la filosofia e la cultura della natura e della terra, assistiamo troppo spesso alla dilagante carenza di proposte, pensiero e sensibilità umana.