Padroni delle nostre vite – Ture Magro
La mafia è un’entità ambigua, molto ambigua: siamo consapevoli della sua esistenza e al contempo quasi tutti decidiamo di ignorarla. In fondo, è più semplice voltarsi a guardare dall’altra parte piuttosto che rischiare di rimanere immischiati. Ma se si diventa vittime in prima persona di questa organizzazione? Le opzioni a questo punto diventano due: l’accondiscendenza o la lotta. Già, la seconda alternativa sembrerebbe la più ragionevole, se non si considera che «non ci si ribella alla ‘ndragheta, e chi lo fa paga».
Tra le persone che hanno scelto la strada più impervia c’è Pino Masciari, imprenditore edile calabrese che ha avuto il coraggio di non cedere alle oppressioni dei criminali e di reagire con tutte le proprie forze contro il sistema marcio, portandolo sostanzialmente a vivere da fantasma in «un’apatia senza uscita». Masciari, infatti, si oppone ai continui ricatti ricevuti e decide di diventare oggetto, a metà degli anni Novanta, di un programma di protezione speciale.
L’inadeguatezza di uno Stato sprovveduto, però, lo costringe a vagare per la penisola italiana, a cambiare repentinamente dimora e a scontrarsi costantemente con le forze dell’ordine che stentano a capire la differenza tra testimone di giustizia e pentito. Una vita, o meglio, un calvario sconvolto dalla burocrazia grigio-scura statale e culminato con i processi che hanno portato alla cattura di ben 42 criminali. Dalla sua vita eroica e dal suo libro, scritto a quattro mani con sua moglie, Organizzare il coraggio, è tratto Padroni delle nostre vite di Ture Magro. Prodotto dalla compagnia Sciaraprogetti, la messinscena ha conquistato il Premio del Pubblico al Roma FringeFestival 2013 e il Premio Festival Castel dei Mondi all’Apulia Fringe Festival.
L’attore è solo sul palco, circondato da tre maxischermi sui quali vengono proiettati dei volti con cui interagisce costantemente. Sono i volti, interpretati da dieci attori, dei criminali, smaniosi di inglobare l’imprenditore nei loro progetti; dei suoi concittadini, sempre pronti a scoraggiare ogni tipo di ribellione; dei poliziotti, incapaci di tutelarlo a dovere.
In un crescendo emotivo l’attore mette in scena la parabola esistenziale dell’imprenditore: esordisce con un approccio quasi fiabesco di Masciari in tenera età, ma la felicità spensierata lascia subito spazio all’oppressione, alla speranza, alla paura e alla rabbia. Un percorso a tappe ben governato da una prova attoriale empatica e altamente coinvolgente.
Un esempio di teatro civile che, vista la semplicità della messa in scena, non può essere recluso al solo edificio teatrale, ma andrebbe esportato in luoghi differenti dove sia possibile condividere e far conoscere una storia atta a sensibilizzare gli animi.