Non ti avvicinare – Luana Lewis
Che cosa fareste se, in una gelida e nevosa serata invernale, una giovane sconosciuta bussasse alla vostra porta?
Questa l’immagine iniziale che conduce il lettore all’interno del vortice d’inquietudine e crudeltà che fa da fil rouge alle vicende di “Non ti avvicinare” (Longanesi, 2015) di Luana Lewis, un thriller che tratta, senza tabù né falsi moralismi, un tema tanto scomodo quanto tristemente attuale, quello della violenza sulle donne.
Donne, volutamente al plurale, poiché l’abuso si compie su una giovane psicologa vittima di stupro, resa fragile dalle circostanze e fortemente instabile, e su una minorenne, sedici anni e una bellezza che fa gola agli orchi che popolano le pagine di questo romanzo quanto quelle della cronaca nera.
L’intreccio narrativo di “Non ti avvicinare” è ben strutturato, e viene sviluppato mantenendo la suspense costante, ma l’abilità sostanziale dell’autrice sta principalmente nel fattore emotivo: il lettore è sottoposto a un forte stato di ansia, di disgusto, a una sensazione di impotenza di fronte alle ingiustizie perpetrate ai danni di due vittime di una società di sciacalli.
Lewis instilla magistralmente il seme del dubbio, gioca con le parole come con le sensazioni epidermiche del lettore, lo conduce per mano verso un abisso di follia dall’epilogo intuibile ma comunque di forte impatto.
Dal punto di vista prettamente stilistico, il linguaggio è volutamente semplice, privo di voli pindarici, concreto ed estremamente immediato, dal piglio quasi cinematografico, degno del miglior thriller psicologico.
Anche la narrazione regge, alternando tre piani temporali differenti ma strettamente connessi, in grado di fornire ciascuno un tassello dell’intricata vicenda.
Un meccanismo a orologeria ben oliato e pronto a esplodere, dove il tema principale, ben celato rispetto a quello più palese della violenza sulla donna, e percepibile per tutta la durata del racconto, è uno solo: l’alienazione, quella che affligge “l’animale – uomo” contemporaneo, ma anche quella che ha fatto spesso da filo conduttore alla storia della letteratura e della filosofia, da Seneca a Hegel, da Marx a Feuerbach, da Pirandello a Moravia e Montale, quella solitudine che rende i protagonisti delle monadi inquiete, incapaci di comunicare tra loro, chiuse ciascuna nel proprio inconfessabile dolore.