«I wandered lonely as a cloud»
[Daffodils, William Wordsworth]
Che bello struggersi nei pomeriggi d’inverno, poche ore di luce che presto s'impregnano del buio e dell'umido della notte. Un altro giorno è andato, un altro giorno è passato uguale all’altro. Eppure, nonostante tutto, nonostante le brutture del quotidiano e la terribile, metodica, ritualità dell'immediato, una giornata non è mai persa se si riesce a ritagliare un pezzettino di tempo, di spazio, financo di cuore tutto per sé (e magari, anche da condividere con qualcuno).
Di questo, e di molto altro, parla, anzi canta l'album No Poetry in It, uscito per Sherpa Records, di Morning Tea, al secolo Mattia Frenna. “No Poetry in It” è solo all'apparenza un album per chitarra e voce, dato che, a conti fatti, appare strutturato in modo certosino con l'inserimento di molte sonorità e strumenti, anche digitali, grazie ad un missaggio e a una cura dei suoni (anche vocali) che solo un musicista, proprio come Frenna (già chitarrista dei Motel 20099), può possedere.
Undici tracce che possono essere ascoltate in una lunga, infinita sessione in cui lo struggimento è ammesso solo se autentico, cioè fine a sé stesso. Si ascolti, ad esempio, la terza traccia, The lack that I feel. Tanto basta per lasciarsi trasportare in un'atmosfera sospesa e tremendamente dolce, che però, né qui né successivamente nell'album, si muta in qualcosa di, anche vagamente, smielato/sdolcinato.
E di questa preziosa arte del calibrare gli zuccheri Morning Tea si fa maestro in Florence (I miss something) che, con un titolo che potrebbe anche andare bene per un romanzo rosa, è una magnifica e intima canzone dream-pop, di quello bello e minuto, lontano dalle baracconate di certe produzione piene di effetti ed effettacci, ma tremendamente capace di arrivare nel cuore più segreto delle cose.
Perché di questo stiamo parlando quando parliamo di No Poetry in it: un qualcosa di molto semplice ma di, paradossalmente, così importante da non poterne fare a meno. Come un gesto carino dopo essere tornati stanchi a casa dal lavoro, come di un bacio prima della buonanotte o come una distesa di narcisi, alla stregua di William Wordsworth.