no larrain gael garcia bernal

No – Pablo Larraín

Pablo Larraín sbarca per la seconda volta a Cannes, cinque anni dopo. Peccato non abbiano avuto il coraggio di metterlo in concorso, ma la vetrina della Quinzaine di quest’anno (Ruiz e Gondry su tutti) è comunque interessantissimo. Tony Manero, Post Mortem, e ora No. Si conclude la trilogia che il grande cineasta cileno ha dedicato al passato buio e terribile della sua nazione. Il prima, il durante e il dopo come il passato, il presente ed il futuro ai tempi della dittatura.

Nel 1988, il Cile fu chiamato a votare nel referendum che lo stesso Pinochet aveva indetto per la sua auto-riconferma al potere. Gael García Bernal è René Saavedra, un luminare e demiurgo pubblicitario che deve non solo portare alla vittoria il partito del NO al referendum contro Pinochet e la dittatura, ma deve anche riuscire a tenere unitario il fronte che sostengono questa causa.

Filmato in 4:3 con l’U-matic, proprio per legare le scene girate con il repertorio, fondamentale contenitore di immaginari per un film del genere, No riesce a mescolare storia, politica, mondo della pubblicità con l’amore verso i suoi personaggi, trasportando lo spettatore in un vortice di sensazioni che non lasciano più via di scampo.

Il finale con Renè che in una Santiago ormai semi deserta vaga con un sorriso malinconico sul viso, (rac)chiude tutto. Infatti, allo stesso tempo, quel sorriso accennato chiude un ciclo di film interessanti e particolari del regista cileno basati su quello che la storia non è riuscita ad esprimere appieno, una redenzione (di se stessi raccontando il proprio paese) che lo rende in qualche modo libero di iniziare anch’esso una nuova pagina.

Grazie


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