Dimenticate tutto ciò che sapete sulla musica dei Muse: solo così potrete avere il giusto approccio a The Resistance, ultima fatica di Bellamy e soci. Si tratta infatti di un album del tutto insolito persino per una band rivoluzionaria come la loro: undici brani di sperimentazione pura, in cui il rock si incontra con un ventaglio enorme di generi musicali diversi e crea basi originali per testi pregni di sentimenti di protesta, disillusione e perdita di speranza, ma anche di desiderio di rinascita. Il punto di partenza è più o meno lo stesso per tutti i pezzi: arrangiamenti orchestrali che si affiancano alla strumentazione di base della band, una certa tendenza al synth rock e la forte influenza del sound dei Queen. A definire ogni brano, poi, ci pensano dettagli nati da accorgimenti sonori di volta in volta specifici. Così, possiamo ritrovarci ad ascoltare non solo il tipico pezzo rock dei Muse (Uprising), ma anche una canzone dalle sonorità tendenzialmente r'n'b (Undisclosed Desires), oppure sporcata con dell'heavy metal (Unnatural Selection), o ancora, contaminata da jazz e musica d’opera (I Belong to You (+ mon cur s’ouvre à ta voix)).
Tra le canzoni meglio strutturate troviamo Resistance, che dà il titolo all'album, una celebrazione della forza dell’amore nei momenti di difficoltà. Si tratta di un brano fortemente atmosferico, nel quale alla batteria tachicardica, espressione dello stato d’ansia di due amanti in fuga, si affiancano una voce e un pianoforte sognanti, intensificati da un'orchestra costantemente presente.
Di certo, però, è United States of Eurasia (+ Collateral Damage) il pezzo più interessante e controverso dell'album. La trasposizione di 1984 di Orwell nel contesto statunitense può infatti essere letta come una critica al governo americano, ed in particolare alla guerra in Afghanistan, una guerra che, come accade nel romanzo, non si sa né perché sia in atto, né quando e se finirà. Tragica è anche la condizione della gente comune, impossibilitata al giudizio e all'indipendenza, bloccata senza possibilità di fuga in questa situazione di apatia la cui irreversibilità è espressa dalla solenne acclamazione finale dello stato d’Eurasia.
Un frammento a sé stante è Exogenesis, la sinfonia in tre parti posta a conclusione dell'album, il racconto di un'umanità smarrita alla ricerca di una nuova speranza e di un punto da cui ricominciare la propria esistenza, accompagnato da una melodia eroica ed appassionata.
Non si può dunque negare che The Resistance sia l'album tecnicamente meglio strutturato e studiato tra quelli pubblicati finora dai Muse. Se però si hanno in mente i vecchi dischi della band, al primo impatto ci si sente indubbiamente spiazzati da un lavoro tanto sofisticato e pieno di concetti sonori diversi. Insomma: si tratta certamente di un album ambizioso. Ma, bisogna ammetterlo, un po' troppo ricercato.