Moltiplicatore, o il concetto d’identità secondo Baraghini
Le bonus track possono rivelare delle sorprese.
Sempre un po’ nascoste, defilate, non ispirano mai grandi attese: arrivati alla fine di un album, si pensa che ormai questo abbia già espresso tutto il suo potenziale. E d’improvviso, invece, arriva la traccia che uno non si aspetta, sorprendente, e che merita di essere ascoltata quanto tutto il disco. È ciò che accade alle Carrozzerie n.o.t con Moltiplicatore di Alberto Baraghini, “bonus track” della stagione dello spazio romano che sempre per rimanere all’interno della metafora può considerarsi nel complesso un disco decisamente ben riuscito.
Quella di Baraghini è una creatura anomala, inclassificabile, generatrice di contrasti come può esserlo un manager in calzoncini da ciclista che si nutre della contaminazione di diversi linguaggi, visioni ed esperienze di tre coppie di autori e registi (Matteo Salimbeni, Simona Rinaldo, Eugenio Alberti, Rajeev Badhan, Margarita Egorova, Fluvio Navacore) coinvolti nel progetto ideato da Baraghini: tre monologhi sul macro-concetto di identità esplorato a partire da zone liminari e inaspettate a livello drammaturgico che si aggancia a macro-questioni del nostro contemporaneo. Moltiplicatore, quindi, perché l’identità, già di per sé concetto liquido e poco incline a definizioni, assume oggi connotati ancora più frammentati se si pensa allo specchio tecnologico in cui siamo perennemente riflessi uno specchio che frammenta e moltiplica la personalità creando una discrepanza sostanziale fra chi siamo e come veniamo percepiti dall’esterno.
È proprio questa la frattura originaria che sembra attraversare Moltiplicatore nei tre monologhi in cui, non a caso, i personaggi non sono mai definiti ma rappresentano come un’atmosfera diffusa, un’idea globale di società anche futura dai risvolti inquietanti. E in effetti nel primo monologo il performer che interpreta le sfumature dei personaggi con grande incisività di parole e gesti quasi fosse uno scienziato dei Ted Talks, spiega come “costruire” un fratello di tutto punto come lui vorrebbe che fosse, che altro non è che un modo per rivelare come costruiamo l’identità dell’altro in rapporto a noi stessi.
L’aspetto più allarmante emerge però dal secondo monologo in cui un sedicente manager fa aprire gli occhi sul potere occulto e manipolatorio esercitato dalla società dei consumi dimostrando quanto la nostra pretesa di costruire un’identità sia illusoria perché dipendente (anche) da fattori esterni. Nel mondo del manager la felicità ha lasciato il posto alla soddisfazione personale: noi siamo i nostri bisogni ma i nostri bisogni non sono decisi da noi. Ogni nostra traccia genera desideri di cui ancora non siamo consapevoli e che sono studiati, analizzati e fatti prodotto da altri. Dove finisce allora la nostra identità effettiva e inizia quella che ci plasma dall’esterno?
Moltiplicatore interseca sguardi, scritture e prospettive creando una complessità di visione che deve ancora trovare maggiore compattezza per evitare che questa carica detonante di punti di vista si disperda in tante particelle inafferrabili. Baraghini concepisce così un contenitore sperimentale e ancora in fieri che fra le righe cela una dura critica a una società che forse, disperdendosi in troppe identità, rischia di dimenticare chi è davvero.
Letture consigliate:
Tutto a un fratto fu Rezza, di Giulio Sonno
10 miniballetti Francesca Pennini | CollettivO CineticO, di Sarah Curati
Ascolto consigliato
Carrozzerie n.o.t, Roma – 19 giugno 2016