MM&M: la mappa esistenziale dello sguardo
Cuocolo/Bosetti alle Vie dei Festival
C’è una ragione per cui il cinema ha sempre riscosso grande entusiasmo: tra tutte, la “settima arte” è quella che riesce a penetrare più in profondità. Penetra senza sfondare. Crea una simbiosi immediata. Il cinema evoca realtà e lascia che l’osservatore possa entrarci dentro, abolendo ogni vincolo fisico. Nascondendo il suo occhio, la macchina da presa fa sì che il suo sguardo diventi il nostro.
A teatro tutto ciò è chiaramente meno immediato, la cosiddetta quarta parete garantisce la distanza, allontanarsi metaforicamente o fisicamente che sia non è poi così difficile. La brillante coppia cosmopolita Cuocolo/Bosetti (fondatori della compagnia italo-australiana IRAA Theatre), invece, questa distanza ha sempre cercato di infrangerla: i loro spettacoli non rimbombano nelle grandi sale ma parlano direttamente allo spettatore, lo conducono per strada, lo invitano a casa; non si tratta tuttavia di metateatro tout court né di teatro da camera. È un incontro, un incontro che recupera l’origine di quel primigenio raccogliersi attorno a un fuoco e raccontarsi cosa si è vissuto e come lo si è vissuto.
MM&M. Movies, Monstrosities and Masks è un luogo di confine fra il teatro e il cinema e la vita. Se la prima “emme” è chiara e il concetto di maschera della terza è altrettanto noto, vale la pena ricordare che la mostruosità, il mostro, non è etimologicamente sinonimo di orrore bensì di prodigio, di tutto ciò che non rientra nelle “normali” categorie eppure esiste. Il percorso di C/B diventa allora un viaggio che attraverso il cinema come il cinema scava in profondità, oltre tutte le apparenze, alla riscoperta di quella semplice straordinarietà che fa di ognuno un inspiegabile unicum.
Seduta a un tavolo affollato di ricordi e oggetti della casa d’infanzia, Roberta Bosetti tra libri di cinema e ritagli di locandine ci racconta frammenti della sua vita. Nessuna contraffazione scenica: ci dà del tu, ci parla singolarmente, attraverso un paio di cuffie la sua voce giunge a noi intimamente. La quarta parete non è attaccata: è annullata. Tutto è genuinamente esposto. A sottolinearlo sarà l’occhio di Renato Cuocolo che, spalle al pubblico, con una telecamera scorrerà lo sguardo lungo il tavolo, proiettando sul fondale la visione interiore della sua compagna e moglie, filtrata attraverso quegli stessi film citati ed evocati continuamente.
La morte del padre, i sabati al parco, le giornate al cinema. Nonostante la delicatezza dei singoli aneddoti, l’autobiografismo di questo spettacolo mantiene sempre un pregevole equilibrio drammatico-psicologico, vale a dire non indugia mai nel patetismo dell’emotività (perdendo, però, a volte il contatto empatico con lo spettatore). Come l’iconica Bette Davis, con volto imperturbabile e occhi commossi Bosetti traccia quella che a tutti gli effetti è una mappa esistenziale dello sguardo.
Alla stessa maniera di un film, di un sogno o di un’allucinazione (non a caso le citazioni più ricorrenti sono Psycho di Hitchcock, Persona di Bergman e Blade Runner di Scott), Cuocolo/Bosetti riportano a teatro quell’ambiguità tipica della vita per cui la distinzione fra spettatore e attore, cioè fra osservatore e osservato, scompare, restituendo a ciascuno la splendida necessità innanzitutto di esserci. Essere in sé stessi ed essere agli altri. Senza che le due esistenze debbano per forza coincidere.
Letture consigliate:
Cuocolo Bosetti: MM&M e l’interposizione della tecnologia nell’arte come disvelamento del reale, di Renzo Francabandera (PAC)
Cuocolo/Bosetti, il teatro della porta accanto, di Matteo Brighenti (Doppiozero)
Ascolto consigliato
Teatro Tordinona, Roma – 23 settembre 2015