Missione Roosevelt – Tony Clifton Circus
Missione Roosevelt è una missione. Certo – si potrebbe dire – basta leggere il titolo. Ma nel titolo non c’è scritto che è una missione segreta e che sarà portata avanti su una sedia a rotelle per la tranquilla e «sonnolenta» città di Prato. A questo punto – si potrebbe chiedere – chissà cosa significa Roosevelt! Niente.
Roosevelt significa quel che è: il nome di un Presidente americano che per «quarant’anni ha governato il mondo da una carrozzina»; saranno i signori Roosevelt, piuttosto, a svelare il piano—ma qui occorre una precisazione. Per due ore circa, gli «spettatori» si trasformeranno in una ventina di signore o signori Roosevelt platealmente in incognito, ma fra tutti due «Franklin D.» si distingueranno in particolar modo: perché hanno ideato Missione Roosevelt, perché saranno gli unici a camminare sui propri piedi e perché vestiranno un iconico abbigliamento da Blues Brothers. Sono i Tony Clifton Circus – Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi – che, in smoking nero e camicia rossa, radunano al Teatro Metastasio il pubblico e forniscono i dettagli del piano.
La «giostra Roosevelt», così, esce dalla sala e si «incammina» su due ruote per la città, ma è un rullo compressore in cui gli spettatori diventano agenti, attori, performer, sempre «in missione per conto dei Signori Roosevelt» – per citare la celeberrima battuta di Dan Aykroyd e John Belushi. Da principio le sedie a rotelle sono legate l’una all’altra, poi, dopo un po’ di pratica e un comodo paio di guanti per le mani, che per i «normalmente abili» già sono doloranti dopo neanche pochi minuti, il percorso verrà affrontato da ognuno singolarmente, ciascuno secondo le proprie capacità: la missione infatti prevede alcune prove. Sennonché, quelle già «naturalmente» offerte dall’architettura urbanistica del centro storico cominciano ben presto ad alimentare un dubbio: per chi è stata pensata la città?
Le vie apparentemente livellate svelano pendenze inaspettate e faticose, le radici degli alberi che gonfiano il marciapiede (quando c’è) sono salite improbabili che costringono a tornare indietro e optare per il lato opposto, il tempo che passa tra il verde e il rosso di un semaforo rivela la sua brevità. Solo qualche parola con il Roosevelt occasionale compagno di viaggio e l’ironia mista a ostentata indifferenza dei Tony Clifton Circus – che dettano il «passo» di questa marcia-manifesto – fanno tornare alla mente che c’è una missione da compiere. Ecco allora che si varcano le porte di un supermercato per comprare qualcosa: una vera e propria invasione di «diversamente disabili» che formano abilmente la coda più lunga (forse) mai vista a una «cassa prioritaria» (dove, per inciso, una signora è già in fila sebbene non ne abbia i requisiti).
Con le luci della sera calate sulla città, i Tony Clifton Circus sono costretti a togliersi gli occhiali e Missione Roosevelt volge al termine: a separare i provati signori Roosvelt dalla meta manca ormai solo un ultimo rush finale. Ed è lì che tutti stentano alla dipartita, sebbene la sedia a rotelle non li leghi più, perché occorre parlare di quello che si è vissuto negli appena quattro chilometri lottati lungo due ore in formazione.
Un plotone di «spettatori» assai cambiati rispetto alla partenza, grazie alle prove dei due «clown moderni» beffardi ed esaltanti che sono riusciti ad attrarli in una situazione «limite» – della mente, del corpo, della città, della società – dalle atmosfere surreali. Proprio così e su una sedia a rotelle è stato possibile mettere «le mani sulla città» e toccare il realismo impietoso di cui si è vittime e carnefici.
Missione compiuta—si spera.
In apertura: Foto di Ilaria Costanzo: 2014 ©Ilaria Costanzo