Miss Violence – Alexandros Avranas
Era uno dei film più oscuri, di cui si sapeva meno e su cui i riflettori non si sono posati durante l’attesa dell’esordio, tant’è che erano parecchi i posti in Sala Grande vuoti ieri sera alla prima in presenza del cast e del regista, ma Miss Violence del greco Alexandros Avranas è finora la sorpresa del concorso principale, tra i titoli migliori visti finora, accolto con un lungo applauso a fine proiezione.
Miss Violence si apre con una festa di compleanno, l’undicesimo della piccola Angelica, la sua famiglia è composta da altri due bambini più piccoli, una ragazza appena adolescente, una giovane donna e una coppia di cinquantenni. Tra i balli e la torta, Angelica si avvicina alla finestra, guarda fuori, si siede sul davanzale, si butta giù. Dopo questo micidiale incipit il film si addentra pian piano nell’abisso, scoprendo gradualmente le ragioni del gesto apparentemente insensato della bambina in un crescendo di efferatezze visive, emozionali, morali.
Raro è trovarsi di fronte a un’opera che così poco lascia in pace lo spettatore, che lo mette di fronte a un orrore insostenibile non tanto per ciò che viene mostrato dalla macchina da presa ma per il fuori campo, l’immaginato e l’indiziario, il ricostruito a posteriori, il temuto e infine verificato. Suggerisce e stimola una sceneggiatura che si nasconde, che tiene il basso profilo, che è avara di fatti chiari e distinti: per buona metà del film si può solo intuire dove si andrà a parare, non si riesce a comprendere le dinamiche di una famiglia in cui banalmente si fa fatica a capire chi sia figlio/padre/fratello di chi. Ma tutto si tiene e (quasi) tutto si spiega, ed è perturbante la conoscenza e perturbante il dubbio, la promessa e infine la suggerita negazione di un lungamente agognato finale risolutivo.
Tutto ciò non avrebbe potuto funzionare se non fosse stato sostenuto da un progetto di messa in scena solida, da una regia calibrata e sicura. Senza una maiuscola prova registica, questo film avrebbe potuto essere solo un altro gratuito e non necessario film maledetto, programmaticamente efferato, un film dallo scandalo telefonato buono per le polemichette da quattro soldi che tanto piacciono alla nostra stampa generalista. Ma Avranas è regista da applausi a scena aperta, già magistrale nella direzione della prima, decisiva, sequenza; poi adotta uno stile inquieto e variabile, fermo restando l’ordine e il gusto per la simmetria nella costruzione delle inquadrature. Tanta camera fissa alternata a intere sequenze in cui la macchina si muove vorticosamente, stringe su volti stravolti o apatici, ruota intorno ai personaggi e dà allo spettatore la scomoda impressione di esserci anche lui, dentro quel triste appartamento greco. Summa assoluta di quest’opera è la scena della visita degli assistenti sociali, un unico piano sequenza di dieci minuti che va a spiare tutto l’appartamento seguendo cinque diversi personaggi e vale da solo un Leone d’Argento alla Miglior regia.
Miss Violence è tanto terribile quanto imperdibile.