Metamorfosi cinematografiche
Avrei voluto essere la condensa sui muri negli spogliatoi di Palombella rossa.
Quando Michele Apicella torna indietro nel tempo e si rivede bambino mentre le madri, dopo nuoto, asciugavano i capelli.
E poi avrei voluto essere una sontuosa poltrona nel salotto parigino dei quattro borghesi protagonisti de La grande abbuffata.
Vederli rimpinzarsi di ogni pietanza immaginabile in compagnia di splendide prostitute.
Avrei voluto essere un passante silenzioso nella piazza romagnola dove Alberto ne I Vitelloni ormai ubriachissimo straparla con il suo amico Moraldo e barcollando torna a casa, e ormai è l’alba.
E perché no? Avrei voluto essere un sasso inerme e spaccato dal sole per gustarmi il triello finale de Il Buono Il Brutto Il cattivo.
Guardare i tre pistoleri più abili di sempre sfidarsi in un cimitero sterminato.
Mi sarebbe piaciuto essere un filo d’erba nel campo di battaglia dove Redmund Barry assaggia per la prima volta gli orrori della guerra. E poi vederlo diventare Barry Lyndon: ascendere e precipitare in una delle parabole più struggenti mai viste.
Come perfetto sarebbe stato guidare il camion della spazzatura che passa nella scena finale di C’era una volta in America così solo per guardare di persona lo sguardo indecifrabile di Noodless.
Ma anche mi avrebbe riempito di gioia essere la rotaia del treno che calpestano i quattro ragazzini di Stand by me.
Sarebbe stato bello sentirli parlare nel pieno della loro ingenuità, nel pieno della loro irripetibile età di mezzo.
O essere un cavallo dei Benedict ne Il Gigante. O un granello di cocaina sulla scrivania di Tony Montana in Scarface.
Più di tutti però avrei voluto essere il fiume che divide Marcello e la ragazzina nei fotogrammi finali de La dolce vita.
Sarebbe proprio l’apice vestire il ruolo di chi ha diviso quelle due personalità tanto diverse che infatti non riescono a capirsi: è mattina presto, la spiaggia si riempie di quel vuoto fantastico che assume quando è fuori stagione, senza i bagnanti; e io lì a guardare Marcello gesticolare e caricare di sconforto tutto il film che, inesorabilmente, termina.