Oh My Days è il terzo album dei Memory Band. Un disco che è uscito ad inizio anno ed è passato totalmente in sordina – e la questione è davvero inspiegabile, considerata la qualità del prodotto. Partendo da una forte base folk tradizionale il gruppo inglese fondato da Stephen Cracknell, cerca la via della sperimentazione contaminando la propria musica con generi quali il soul, il blues e persino l’elettronica e la musica classica.
La line up, non a caso, si è ampliata. Si sono aggiunti il cantante soul Liam Bailey, Hannah Caughlin degli Accidental, Jess Roberts, Jenny McCormick, il bassista Jon Thorne dei Lamb and il batterista Tom Page degli Rocketnumbernine (duo elettronico, soul/jazz). Nonostante non ci siano tracce che spicchino particolarmente, il punto di forza dell’album è proprio l’armonia delle canzoni in sé e il legame che si crea fra i vari pezzi che sembrano perle della stessa collana, anche se di colori (mood) diversi. È una sorta di libro-audio che raccoglie una serie di racconti: alcuni a lieto fine alcuni tristi, con l’intento di raccontare la quotidianità in tutte le sue sfaccettature.
Il disco si apre con Crow, un breve pezzo strumentale che fa sentire subito la presenza dell’elettronica. Mentre la successiva A New Skin è in bilico fra uno stile soul e blue e il risultato è molto gradevole. Sale l’impatto emotivo con la successiva Run River Run («Put on your dancing shoes/ we’ve got nothing to lose») dove l’intreccio di voci viene accompagnato da un violino triste e nostalgico che ricorda molto l’intensità d’interpretazione di Bon Iver.
Blackberry Way, è un altro strumentale dallo stile molto calexichiano e dal ritmo tribale che regge tutto sul languido incedere della chitarra elettrica. In Electric Light irrompe Carcknell accompagnato dalla Caughlin: il ritmo rallenta ma accelera il turbamento – uno dei momenti più oscuri del disco. E l’atmosfera non cambia (anzi forse si fa più plumbea) con Come Wonder With Me dove la voce si fa più soffocata, straziante, e si unisce al violino che segue la stessa strada. Sempre su toni rilassati ma con una vocazione più soul è Apples, dove la chitarra cristallina fa la maggior parte del lavoro.
Some Thing You Just Can’t Hide (ma anche Ghosts) è un esempio perfetto di slow folktronica e dell’essenza dei Memory Band. Si alza leggermente il ritmo con Demon Days, che è un perfetto incrocio fra bluegrass (soprattutto per l’uso della voce) e country, con le percussioni pizzicanti e i cori perfetti.
Love Is the Law è un altro pezzo da incorniciare che ricorda molto la precedente Electric Light; mentre By the Time It Gets Dark ha un’impostazione più tradizionale e forse per questo motivo risulta leggermente fuori contesto, nonostante non si possa non apprezzare l’interpretazione vocale di Nancy Wallace accompagnata dal fondatore della band. La strumentale The Snake, che riprende le sonorità di Blackberry Way, conclude dignitosamente un disco davvero delizioso.
Oh my Days è un’opera poco accomodante e insidiosa per il cambio continuo di stile che caratterizza le canzoni, dove ogni volta i Memory Band vanno a modellare diversamente le sonorità folk a seconda del racconto che propongono. Ed è proprio questo il punto di forza: della discontinuità sonora la band fa il suo stile narrativo senza ridurre l’album ad una misera raccolta di idee diverse.