Medea_è una commedia il mio spettacolo – Lello Tedeschi
Le premesse ci sono tutte, ora non ci resta che attendere i lavori finali, sperando siano i primi di una lunga serie. Terminava così, quasi un anno fa, l’articolo scritto a seguito della presentazione di Casa Teatro, un progetto ideato e strutturato dall’associazione culturale All’arte della gioia e nato grazie al finanziamento del bando Principi Attivi della Regione Puglia. Dopo un anno di duro lavoro, dunque, eccoci giunti alla creazione finale: Medea_è una commedia il mio spettacolo, pièce ideata e diretta da Lello Tedeschi. Protagoniste della messinscena (e del progetto) delle donne accomunate dall’appartenenza a un contesto difficile come quello di Enziteto, una particolare zona periferica di Bari.
Già, donne e contesto difficile. Chi meglio di Medea per creare un perfetto cortocircuito tra Realtà e Mito? Da Euripide viene presa la storia ben nota a tutti, ma non la poesia, perché la fonte d’ispirazione di maggior rilievo è Heiner Müller e il suo Materiali per Medea. Dal drammaturgo e poeta tedesco, infatti, la Medea vista all’Accademia del Cinema Ragazzi Enziteto assorbe i tratti pessimistici, provocatori e paradossali, nonché la virtuale suddivisione in tre capitoli, scanditi da tre registri musicali differenti Portami via di Fiorella Mannoia, Por una cabeza di Carlos Gardel e Que sera, sera di Doris Day utili a evidenziare i diversi periodi di vita/stati d’animo della protagonista.
Sul palco ci sono dei gradini sul fondo, due sedie ai bordi e un tappeto rosso sul quale sfilano, a turno, tre donne accompagnate da due uomini. Tra queste c’è Medea, o forse lo sono tutte e tre, desiderosa di illustrare la propria storia, mostrare le cause che hanno portato al più tragico degli epiloghi: l’uccisione dei propri figli. Ed ecco che nella tripartizione Medea è prima donna, poi barbara, prostituta, parricida, e infine madre o solo mucca da latte. Le tre protagoniste si mettono a nudo, scherzano, ballano, raccontano fino allo sfinimento il proprio dramma, inveiscono contro un Giasone nfam (infame) individuato tra il pubblico, e hanno delle titubanze quando bisogna agire. Ma se una Medea ha un’esitazione, eccone pronta un’altra a prendere il suo posto, in modo da arrivare inesorabilmente a un destino già segnato.
La tragedia classica termina con l’uccisione dei figli, ma non questa. Dopo l’infanticidio si riprende tutto dall’inizio: Piera Del Giudice, la magnetica Medea chiave dell’opera; Lucia Lofoco e Anna Patruno, le sue ottime comprimarie; Gabriele Carusi e Vito Piemonte, di volta in volta coscienza, burloni, aizzatori e figli, ridispongono la scenografia com’era al principio e ricominciano a recitare le battute iniziali. Si ha l’impressione che si potrebbe andare avanti a recitare e analizzare ogni singola battuta in loop per ore, giorni o addirittura all’infinito con l’intento di far comprendere le decisioni prese da Medea, ma quando c’è di mezzo quel tipo d’amore, quello che ha deciso di fare a pezzi te e tutto quanto ti circonda, risulta tutto vano: si può compatire l’urlo, la rabbia e l’impotenza, ma tutto il resto rimane oscuro, incomprensibile.
(Foto ©Rosaria Pastoressa)