Malcom & Marie
Pubblicizzato come il primo film girato sotto lockdown, Malcom & Marie vede Sam Levinson dirigere Zendaya e David Washington nella vivisezione emotiva e sentimentale di una coppia.
Lui interpreta un regista reduce da una proiezione stampa di successo, lei la sua fidanzata. Al rientro dalla serata trionfale affiorano però malcontenti, ruggini sottaciute e insicurezze che danno vita un estenuante litigio che trascina lo spettatore in una seduta psicoanalitica di coppia. Levinson si è dimostrato un ottimo autore, prima ancora del successo di Euphoria (sempre con Zendaya tra i protagonisti), con l’ottimo Assasination Nation, pellicola del 2018 in cui dimostra grande talento visivo, la giusta dose di cinismo e la necessaria dose di incoscienza. Con la produzione di Euphoria ferma causa pandemia, prende poi forma l’idea di un film ai minimi termini, la collaborazione tra lui e Zendaya porta così alla luce la sceneggiatura di Malcom & Marie.
Nel suo impianto classico, teatrale (unità di luogo, pochi protagonisti, girata in un bellissimo bianco e nero), la pellicola affronta a viso scoperto i grandi temi che coinvolgono la contemporaneità (ma non solo) del mondo dello spettacolo (ma non solo): la natura della critica, la politicizzazione delle tematiche e delle immagini, la distorsione dei significati, il campo minato del politically correct. Ne esce un pastiche di argomenti che rimbalzano tra intimità e dimensione performativa per mettere in scena così una critica, una satira e – forse – una parodia, sia degli autori che dei critici.
Con il suo sfacciato biasimo dell’autorialità, Malcom & Marie resta un film ingenuo, cerca di scandagliare le zone oscure di un rapporto di coppia, ma finisce per muoversi nelle dinamiche del consueto schema narcisista vs. masochista, fotografato in una diapositiva patinata che lo fa assomigliare più alla pubblicità di un profumo che a un film di Cassavetes. Dicono un Carnage in bianco e nero quelli che hanno visto due film in vita loro, un Chi ha paura di Virginia Woolf contemporaneo quelli con un po’ più di memoria. Purtroppo la tensione, la disperazione e la profondità straziante e chirurgica del film di Mike Nichols sono ben lontane. Restano le performance dei protagonisti: intense, generose, immediate e intuitive – fustigate nel tremendo doppiaggio italiano. Se fosse sufficiente fare dell’ironia sulle contraddizioni della critica, della contemporaneità, sui meccanismi e i modi del processo creativo e della comunicazione avremmo trovato la formula magica per fare solo film bellissimi. Eppure non basta. Lo so sembra incredibile ma è proprio così.