Lonelidays, o la perversione del viaggio
Il nuovo spettacolo di Marabutti/De Liberato a Carrozzerie n.o.t
In Leggere Lacan, Slavoj iek spiega il meccanismo perverso per cui l’uomo contemporaneo è costretto a godere. Se in passato infatti il nostro imperativo era di reprimere il piacere per obbedire ai dettami imposti dall’ordine sociale, nella società odierna avviene esattamente il contrario: l’imperativo è quello di godere all’eccesso, diventando tutti vittime inconsapevoli di un’illusoria libertà di scelta. Il viaggio sembra essere parte integrante di questa perversione. Nell’era della villeggiatura 2.0, il problema non è infatti se viaggiare o meno, ma dove andare e secondo quale modalità: fra offerte voli low-cost-Expedia-Trivago-Interrail-Couchsurfing e così via, c’è una gamma di possibilità talmente ampia che si rischia di rimanere paralizzati, o di partire senza avere un vero motivo. Sembrano proprio queste le inquietudini sottese al nuovo spettacolo di Lorenzo De Liberato, Lonelidays, che in questa spirale senza fine sembra fermarsi e chiedersi: perché, il viaggio?
Sulla scena di Carrozzerie n.o.t, i cinque personaggi aspettano già seduti su piccoli sgabelli gialli unica scenografia in attesa di sciogliere il silenzio e l’immobilità: c’è una coppia in crisi (Fabrizio Milano e Benedetta Corà), che concepisce il viaggio come fuga per risolvere i problemi in un altrove, l’amico (Marco Quaglia) ora arbitro, ora spalla al quale è dato più ampio respiro in scene extra-reali con una donna enigmatica vestita di bianco (Giordana Morandini); e infine, l’esilarante amico dall’accento campano (Alessio Esposito), una sorta di fool che sotto l’aria scanzonata è il più consapevole di tutti.
Mentre le scene si susseguono fra schermaglie amorose (a tratti alquanto isteriche e prolungate), gli intermezzi tragi-comici di Esposito e quelli più onirici della seconda coppia che però, considerata la vicenda principale, rischiano la ridondanza è sempre più evidente che il viaggio è solo il catalizzatore di un malessere a più ampio raggio: emerge infatti il ritratto di personaggi insicuri e nevrotici, affetti da egocentrismo da social network, in bilico fra la paura della solitudine e quella di trovare qualcuno, perennemente messi sotto pressione da una società che induce a forza desideri non richiesti.
C’è un altro personaggio invisibile, in effetti, ed è proprio la società. O meglio, Loro: un’entità virtuale ma ben presente che scruta e manovra in modo invisibile i fili delle azioni. Sono loro, per esempio, ad aspettarsi che la coppia vada in vacanza una volta all’anno perché lo fanno tutti’, sono le loro aspettative a non dover essere disilluse. D’altronde, iek afferma che l’amore ha sempre bisogno di un pubblico su cui riversare la propria esistenza; così, si ha l’impressione che l’accordo finale per il viaggio dei due protagonisti sia solo un modo per salvaguardare uno status sociale esteriore piuttosto che un gesto davvero sentito.
Pur dovendo ancora trovare una forma definitiva soprattutto in termini di regia l’aspetto più originale di Lonelidays sta nel cogliere, seppur in nuce, un’atmosfera, un umore, un turbamento condiviso da una generazione alle prese con la societàliquidadegli anni ’10; una strada che, se percorsa con più azzardo, potrebbe essere ancora più incisiva.
Nonostante tutti i lonely days che si prospettano, in fondo, la verità è che non siamo mai soli: c’è sempre un loro, qualcuno o qualcosa in cui riporre le proprie aspettative; e che manipola, anche a livello inconscio, ogni nostra scelta.
Letture consigliate:
La Patetica – Paolo Zaccaria | Lorenzo De Liberato, di Sarah Curati
La Banalità del Male in ‘E C H O E S’ di Patti e De Liberato, di Sarah Curati
Ascolto consigliato
Carrozzerie n.o.t, Roma – 21 aprile 2016
In apertura: Martin Parr Japan. Miyazaki. The Artificial beach inside the Ocean Dome da ‘Small World’, 1996 © Martin Parr/Magnum Photos