Cronache del Pardo #4
Il nostro reportage dal 69esimo Festival del Film di Locarno
Ricreando mondi paralleli e realtà altre, il cinema è sempre stato il mezzo atto a dare forma e colore alle ossessioni e desideri che abitano le pieghe dell’animo umano. Il Festival del Film di Locarno, come si addice alla sua missione e ricerca, ha messo in luce film che attraverso sperimentazioni narrative e innovazioni linguistico-formali proiettano sullo schermo angosce, impulsi e pulsioni dando vita a visioni oniriche. Ad addentrarsi nei meandri dell’inconscio ci hanno pensato Melanie Shatzky e Brian Cassidy che con Animals Under Anaesthesia: Speculations on the Dreamlife of Beasts, presentato nella sezione Fuori concorso:Shorts, speculano sui sogni, possibili angosce e senso di disorientamento provati dagli animali sotto anestesia. Immagini confuse di sesso, natura e morte accompagnano un gatto un cane e un porcellino d’india durante operazioni veterinarie, in un surreale e a tratti follemente grottesco mosaico cinematografico.
Animali protagonisti anche in Rat Film, primo lungometraggio di finzione del regista statunitense Theo Anthony, presentato nella sezione Signs of Life. In scena questa volta la vita dei ratti nelle strade di Baltimora i cui spostamenti tracciano una controstoria della città stessa e del razzismo un tempo istituzionalizzato. Interventi di persone che amano i roditori, forse eccessivamente, e di chi invece gli dà la caccia con pistole, fucili, canne da pesca e mazze da baseball, delineano il racconto che procede lineare, includendo anche macabre ricostruzioni di scene del crimine, dando vita ad una parabola sulla società americana stessa.
Pulsioni e sensazioni umane sono invece il terreno di indagine di Julio Bressane, tra i maggiori esponenti del Cinema Marginal brasiliano e figura chiave della scena indipendente, che torna a Locarno, dopo Educaçao Sentimental (2013) con Beduino, presentato anche questo nella sezione Signs of Life. Un set cinematografico è il campo di battaglia di un uomo (Farnando Eiras) e una donna (Alessandra Negrini), che mettono in scena un surreale rapporto tra i sessi assimetrico e impossibile dominato dall’incomunicabiltà. Corpi che si avvicinano sfiorandosi ma senza mai incontrarsi o completarsi. Una magnifica evocazione delle pulsioni sessuali e dei pensieri più reconditi in uno scambio erotico-filosofico onirico delineato da un percorso indecifrabile in cui lo spettatore è libero di trovare la propria chiave di lettura.
La decostruzione filmica di un rapporto di coppia è il nodo nevralgico di Der traumhafte weg (The Dreamed Path), della regista tedesca Angela Schanelec, presentato in concorso internazionale. Il film ci accompagna in un ipnotica dimensione onirica dove a muoversi sono dettagli e frammenti di corpi destrutturati dall’inquadratura, persi in un vortice formale cui lo spettatore deve dare significato attraverso la composizione del puzzle che domina la vita dei personaggi, il frame così come il fuoricampo.
In bilico tra sogno e realtà anche il rapporto tra due uomini in un quartiere deserto composto da bungalow abbandonati, al centro di Svi severni gradovi (All the Cities of the North), opera prima del regista serbo-croato Dane Komeljen, presentato nella sezione Signs of Life. L’arrivo di un terzo uomo rompe la routine dei due inquilini minando la loro relazione in un moderno futuro distopico dove regna l’incomunicabilià verbale e sensazionale, dove le emozioni non sono quasi esprimibili a voce o descrivibili attraverso la forma scritta, confinate in spazi squadrati e ristretti che ricordano le costruzioni dell’ex-Jugoslavia.
Autore inclassificabile, poeta, fumettista, scrittore, saggista, drammaturgo, attore, studioso dei tarocchi e regista, Alejandro Jodorowsky è uno dei più grandi eredi della tradizione surrealista, esplicata dall’inconfondile ricerca estetica e creativa che contraddistingue il suo cinema. Quest’anno il Festival del Film di Locarno ha voluto rendere omaggio al poliedrico artista cileno, naturalizzato francese, dedicandogli una retrospettiva, e consegnandogli il Pardo d’onore davanti agli ottomila spettatori di Piazza Grande. Un regista che è riuscito, come forse nessuno mai, nel corso della sua carriera a disegnare attraverso il cinema, e l’arte, una realtà altra, una dimensione onirica e surreale specchio di quella che ci circonda. Per questa speciale occasione è stato proiettato il suo ultimo film Poesía sin fin (Endless Poetry), presentato alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes. Riprendendo le tracce segnate dall’opera precedente La danza de la realitad (2013) tratto dal libro omonimo, il regista presenta un’autobiografia visionaria che racconta la vita del piccolo Alejandro e la storia della sua famiglia nel Cile degli anni Trenta fino alla sua partenza per la Francia in età adulta. Brontis e Adan Jodorowsky, figli di Alejandro, impersonano nel film il regista stesso e suo padre, trascinando lo spettatore in un viaggio carnevalesco e fantasmatico dove ad impressionarci ed esaltarci è ancora una volta la percezione della realtà sotto un’altra forma.