Cronache del Pardo #3
Il nostro reportage dal 69esimo Festival del Film di Locarno
Il senso profondo del viaggio è un terreno comune di metafore e suggestioni, da un movimento fisico e spostamento geografico ad un percorso iniziatico fatto di rituali e cerimonie. Il cinema attraverso la narrazione così come attraverso gli strumenti formali e stilistici di messa in scena incide sulla creazione dell’immaginario e dell’identità, creando uno spazio di contemplazione in cui lo spettatore si può immergere dando inizio al proprio viaggio esperienziale. Il viaggio reale o virtuale in uno spazio fisico o metafisico è certamente uno dei fili conduttori che lega diverse opere mostrate alla 69esima edizione del Festival del Film di Locarno.
Ritornano al festival, dopo che qui presentarono Der Glanz des Tages (2012), Tizza Covi e Rainer Frimmel con Mister Universo, presentato in concorso internazionale, consentono allo spettatore di calarsi nella realtà circense, focalizzandosi su un giovane domatore di leoni alla ricerca del metallo portafortuna che gli è stato rubato. Una favola che attraverso una contaminazione di finzione e documentario traccia e delinea i ricordi dell’infanzia, procedendo verso l’incontro destinato a cambiare la vita del protagonista, nuovamente.
Viaggio fisico e metafisico è quello intrapreso anche da un ornitologo alla ricerca delle cicogne nere, una specie in via d’estinzione, nel cuore di una foresta impenetrabile, in un ambiente apparentemente elegiaco, protagonista dell’ultimo lavoro del regista portoghese Joao Pedro Rodrigues O Ornitologo, presentato in concorso internazionale. Un percorso onirico e surreale sulla cui rotta continuano a manifestarsi personaggi mitologici, creature fantastiche e richiami metaforici, dando forma alle ossessioni del personaggio e del regista stesso che riprende l’ascetismo del cortometraggio Manhã de Santo António (2012), riadattando in chiave mistica la vita del patrono di Lisbona.
Un viaggio spirituale alla ricerca del proprio io interiore è al centro di Monk Of the Sea, del regista polacco Rafal Skalski presentato nella Semaine de la Critique. Qui il giovane protagonista abbandona la vita sregolata e festaiola di Taiwan per dedicarsi a quella monastica. Per due settimane in un monastero circondato dalle acque il ragazzo si affiderà ad una guida spirituale per intraprendere un percorso di maturazione, nel silenzio e nella preghiera, distante dalla dimensione caotica di un’occidentalizzazione inarrestabile i cui inebrianti richiami, tuttavia, continuano ad echeggiargli in testa.
Un viaggio impervio nei meandri della memoria traumatica è la chiave di altri due film mostrati nel concorso internazionale. Il primo, La idea de un lago, secondo lungometraggio della regista argentina Milagros Mumenthaler, già vincitrice del Pardo d’oro con la sua opera prima Abrir puertas y ventas (2011), racconta la storia di una fotografa professionista che decide di ritornare nella casa dove da piccola trascorreva le vacanze con la famiglia. Una fotografia in quello stesso luogo, sulle rive del lago la ritrae con il padre, ultimo ricordo prima che scomparisse vittima della dittatura militare. Fotografie e memorie, quelle personali, quelle collettive e quelle che gli oggetti stessi si portano dietro con sé, delineano il racconto cercando di colmare il vuoto provocato dal lutto e di determinarne l’elaborazione. Dall’altra parte del mondo, in Thailandia una regista cerca di dare forma ai ricordi di un’anziana scrittrice ex studentessa militante durante il regime di repressione negli anni Settanta, nel secondo film di Anocha Suwichakornpong Dao Khanong (By the Time It Gets Dark), prodotto dalla fondazione Hubert Bals del Rotterdam Film Festival. Un puzzle di ricordi evanescenti a cui si cerca di dare sostanza attraverso la rappresentazione, in una narrazione frammentaria e disorganica che traccia i lineamenti tortuosi della memoria prima che questi svaniscano nell’oscurità.