Álex de la Iglesia è sempre stato un regista scomodo. Nativo di Bilbao, classe ’65, fa da sempre della sua personalissima commistione fra violenza, ironia e surrealtà una grottesca catapulta per lanciare bordate al sistema, spagnolo, europeo e mondiale. Riuscendo nel difficile intento di non lasciarsi soffocare dall’impianto metaforico che costruisce all’interno dei suoi lavori, sì un mondo-altro, sì chiara allegoria del presente e del vissuto, ma sempre con le fila della narrazione e del ritmo ben salde in mano.
Grazie ad uno stile eclettico e virtuosistico, condito da un ammiccante humour nerissimo, il regista basco ha la capacità di rompere i confini dei generi, trasformando il Cinema in quell’ammasso di materia informe, molle e umida che già fu dichiarazione programmatica di Pulp Fiction e del primo Tarantino. Già dal primo lungometraggio Accion Mutante, passando per Perdita Durango e lo splendido e circense Balada triste de Trompeta, de la Iglesia sbandiera con orgoglio un suo personalissimo concetto di pulp, da un lato divertissement grottesco con tendenze blasfeme, dall’altro lucida ed acuta riflessione sempre in ossimorico bilico fra antropocentrismo e misantropia. Anche qui non si esime, dimostrando forse una maturità ancora maggiore. Cinico, cattivo, politicamente scorretto, crudele.
Le streghe son tornate non è un horror, non è un noir, non è un road movie. Non è una commedia. O meglio, ci sono le streghe che fanno cose da streghe, camminano sul soffitto, amputano arti, mettono in forno bambini con una mela in bocca e fanno improbabili pozioni con sangue di rospo e ali di pipistrello. Come ci sono una rapina ed una fuga, come c’è un bizzarro amore. Come ci sono tanti ed esilaranti colpi di scena. Ma si tratta di un film semplicemente inclassificabile, sempre a segno nella ricerca della risata ed estremamente intelligente nel simulare e dissimulare.
Le streghe sono semplicemente le donne, tutte. Quelle che Appena ti innamori, ti tengono per le palle e non ti mollano più, si dicono i protagonisti. Donne che sin dai geniali titoli di testa sono protagoniste assolute. Dalla Venere di Willendorf, prima rappresentazione femminile paleolitica, fino ad Angela Merkel, genialmente sparata in mezzo ad una carrellata di streghe. Ma non si tratta di un film misogino. Perché se le donne sono tutte streghe, gli uomini son tutti scemi, burattini, cavernicoli in abiti (post)moderni. Sbeffeggiati e parodizzati, cannibalizzati da un racconto vorace.
Un gruppo di disperati, nei grotteschi abiti di Gesù con tanto di croce, un soldatino in miniatura, Spongebob e Minnie, con al seguito Sergio, figlioletto di Gesù-Tony portato perché nel giorno di affidamento dopo un burrascoso divorzio, rapinano un compro oro. Nella disastrosa fuga, si ritrovano a dover sequestrare un taxi perché la moglie di Soldatino-Josè, durante la rapina, ha portato via la macchina per recarsi a far la spesa. Manuel, taxista, altra vittima di situazione coniugale imbarazzante, finisce per appassionarsi alla fuga ed aiutarli. Ma sulla strada per il confine francese c’è Zagarramurdi, avamposto medievale di stregoneria e inquisizione… Imperdibile.