Partiamo da un presupposto. Una band può essere famosa e affermata, contare su una fan-base più o meno nutrita e possedere gli amici giusti che scrivano e postino recensioni compiacenti sui media e sui social. Ma, forse un po' romanticamente, siamo convinti che, almeno quando si parla di musica, siano ancora le canzoni e gli album a parlare e contare: oltre all'hype c'è di più, insomma.
E di hype attorno al settimo disco dei Perturbazione, Le storie che raccontiamo, uscito per Mescal, ce n'era e ce n'è molto, ma la band torinese non ha certo tradito le attese. Con una tripletta iniziale rappresentata da Dipende da te, Trentenni e Una festa a sorpresa, Tommaso Cerasolo e compagni mettono subito le cose in chiaro: questo è un disco di storie, semplici e dirette, ma non per questo banali.
A differenza di tanto cantautorato più o meno indie che si concentra, ancora (O tempora, O mores), sic) su un lessico ricercato e affilato, che suona falsissimo e trito a meno che non lo si utilizzi per qualche status di social network, i Perturbazione, rispettando tutte le loro tradizionali caratteristiche, fanno scaturire piccoli racconti di vita vissuta, talmente vissuta che sembrano proprio i racconti e le storie scambiate da amici di lunga data davanti a un bicchiere di vino.
La seconda traccia, la già citata “Trentenni”, riassume bene questa atmosfera. Un racconto fatto di parole immediate e di sonorità più elettroniche rispetto agli album precedenti (merito del produttore Tommaso Colliva che ha fatto registrare la band in Inghilterra, tra il Tilehouse Studio di Mike Oldfield e il Toomi Labs dello stesso produttore), in cui si parla di contemporaneità, di donne, di paure e della salvezza dell'Occidente.
Quando si sono scritte canzoni del calibro di Agosto è sempre logico aspettarsi il meglio. E forse in questo disco il meglio arriva all'inizio dato che, verso il fondo, si denota una certa stanchezza e un certo insistere su temi già affrontati in precedenza. Tuttavia, anche impreziosito da collaborazioni molto interessanti, da Ghemon in Everest a Andrea Mirò in Cara rubrica del cuore (forse il titolo più à la Pertubazione), “Le storie che raccontiamo” è l'album giusto da ascoltare la sera: dopo 8 ore passate davanti ad un computer per una manciata di euro al mese, un soffio di vita, vita vera, vita vissuta o raccontata, è quello che ci vuole per sentirsi ancora umani.