Tra le poltrone abbandonate del Teatro dell’Orologio scricchiolano le risatine nervose di un pubblico acerbo in contrappunto ai colpi di tosse imperiosi di un Franco Cordelli in prima fila. Cosa accade? La compagnia Teatro Nerval porta in scena Le presidentesse, “dramma fecale” (sic!) di Werner Schwab.
Tre donne, volto cereo, abiti consunti, strette fra un televisore puntinato di neve statica e un water, trono della parola-rifiuto, evacuano la loro esigenza di dialogo rovesciandosi addosso monologhi grotteschi su sesso, fede ed escrementi. Originariamente lo scrittore austriaco giocava la sua opera attorno all’uso trasgressivo e shockante della parola che riversava rancore, rabbia e squallore sul perbenismo borghese. Il regista e interprete Lupinelli tenta una strada diversa.
Forse le parole non scandalizzano più, neanche le più sordide e triviali, nemmeno il rimpasto scabroso di immagini putride e nauseanti riesce più a indignare lo spettatore contemporaneo; cosa può allora urtare ancora la sensibilità coriacea di questo tempo? Forse un gesto, inatteso, o meglio un moto, inaspettato, di una creatura estranea al mondo del teatro, che è luogo di rappresentazione ma raramente espressione diretta della realtà nuda e cruda, tanto più poi se questa realtà è una realtà quasi sempre emarginata, accantonata, a-normalizzata.
Ecco allora che l’ipocrita etichetta del “diversamente abile” riconquista sulla scena un significato imprevisto: il valore di una scommessa che sfida il perbenismo dei normalmente (in)abili. Federica Rinaldi è l’ospite inatteso non solo del palcoscenico, ma di una parte già di per sé difficile, quella della “piccola Maria”: grottesco personaggio che stura i bagni intasati di una società borghese mai stitica del suo moraleggiante puritanesimo; e che lo fa candidamente, a mani nude, perché non conosce la nausea e il ribrezzo, tutta presa com’è dalla sua pia missione purificatrice.
Certo, l’effetto è destabilizzante, così come la resa effettiva dello spettacolo – che risulta incerta; ma l’esperimento è interessante e costringe a una riflessione tutt’altro che banale.
In apertura: foto di ©Guido Mencari (2013) www.gmencari.com