Le dernier coup de marteau – Alix Delaporte
Alix Delaporte torna alla Mostra del Cinema di Venezia quattro anni dopo la presentazione fuori concorso di Angèle et Tony, con Le dernier coup de marteau, letteralmente ”l'ultimo colpo di martello”, riferimento a un elemento della Sesta sinfonia di Gustav Mahler. Victor è un adolescente che vive alla periferia di Montpellier con la madre malata di cancro, combattuto tra il suo attaccamento a questa e la lotta per scalfirne l'orgoglio.
Una promessa del calcio, un ragazzino indurito dal dover far fronte alle debolezze - non solo fisiche – della madre, che mostra ben poche delle caratteristiche comuni all'età adolescenziale. Il padre di Victor, affermato direttore d’porchestra che il ragazzo non ha mai conosciuto, torna in città per portare sul palcoscenico un adattamento della Sesta di Mahler, Victor, sapendo del suo arrivo in città, lo cerca e questo accetta quasi da subito di buon grado di farlo entrare nella sua vita e nella sua opera. Dell'età adolescenziale la regista mette in scena l’immancabile prima cotta per la bellissima vicina di casa, ma anche questa è resa con una delicatezza tale da permetterle di non cadere nel cliché dell'amore acerbo mosso da istinti primari, la scena di maggiore vicinanza tra i due adolescenti infatti è accompagnata da una perfetta colonna sonora e colorata da gesti d’intesa tenui.
La sinfonia si potrebbe dire il più permeante tra gli elementi del racconto, non fa da colonna sonora alla vita dei personaggi bensì la accompagna, scandisce ed influenza.
I tre colpi di martello che scandiscono l'opera di Mahler ed anche la vita del giovane, nel frangente raccolto dalla regista, possono essere individuati nei momenti catartici della storia di Victor, ma l'ultimo, quarto, colpo è liberatorio e accompagnato da un sorriso distensivo del ragazzino già grande che finalmente ha potuto intraprendere la propria strada.
Quarto film francese in concorso, francese soprattutto nella misura della narrazione che nonostante le tematiche trattate non (s)cade mai nel dramma invadente. I dialoghi approntati dalla Delaporte non sono serrati né fluviali, ma essenziali, e proprio per questo colpiscono. L'equilibrio della regista lascia il segno anche nelle ambientazioni: spartano e povero l'ambiente in cui cresce Victor, sicuro e agevole quello nel padre, ma non si avverte alcun disturbo del contrasto quando i due s’incontrano.
Sull'interpretazione del giovane Romain Paul c'è poco da dire: perfetta a tal punto da non sembrare possibile che si tratti di un ragazzino, non a caso tra i candidati al premio Mastroianni dedicato ai giovani attori. Pensando anche all’interpretazione del piccolo Aslan in Sivas verrebbe da dire che forse la vera sorpresa di questo festival sono proprio questi attori in miniatura capaci di non risultare prematuri neppure su un grande schermo come quello del Lido di Venezia.