La Torino industriale si fa paesaggio
Se eravate a Torino e avete fatto un salto al Salone Internazionale del Libro che si è da pochi giorni concluso, non avrete potuto non notare al fondo dal Padiglione 3 un’area verde con tanto di rampicanti, tendaggi, sedie da giardino e sdraio. Qui si sono svolti gli incontri della sezione Nutrirsi di paesaggio che hanno voluto sensibilizzare torinesi e non sugli interventi che sono stati apportati negli ultimi anni sul suolo urbano.
Torino, da capitale della Fiat a futura sede del Congresso Mondiale dell’Architettura del Paesaggio 2016 , nell’ultimo decennio ha cambiato volto e ha aperto le porte a migliaia di turisti che ogni giorno scoprono insieme ai residenti un nuovo modo di vivere la città, il cui grigiore non è che un lontano ricordo. Si può parlare di una vera e propria rivoluzione del paesaggio urbano, a dirlo è Giuseppe Serra, dirigente dell’Ufficio Urbanizzazioni della Città di Torino, attraverso la riqualifica della superficie post-industriale che ha permesso di guadagnare quattro milioni di mq di verde pubblico.
Dalla seconda metà degli anni ’90, con l’attuazione del PRG sono state tante le trasformazioni avvenute sul territorio, piccoli e grandi interventi a partire dalla pedonalizzazione di alcune aree centrali e periferiche agli interventi sulla mobilità e al piano del colore sulle facciate esterne dei palazzi fino all’illuminazione dei monumenti e alle installazioni artistiche hanno contribuito a creare un impatto visivo diverso, accelerato da molti eventi speciali, primo fra tutti le Olimpiadi Invernali 2006.
Torino, come grande palco per architetti italiani ed europei, è creta nelle mani degli artisti che operano in questo campo, si fa duttile alle esigenze dei privati cittadini. Le innovazioni hanno toccato ogni quartiere della città, con particolare attenzione per le quattro spine, quattro disegni separati e distinti di zone che si trovano a ridosso del centro storico. Molti i programmi seguiti: Torino città d’acque e 100 Piazze per Torino sono solo alcuni dei bandi ai quali fare riferimento. La costante rimane, però, quella del verde. Negli ultimi 13 anni sono stati fatti 150 nuovi giardini. Là dove c’era cemento, ora c’è un parco spiega con orgoglio Alessandra Aires, Presidente AIAPP Sezione Piemonte Valle d’Aosta. Queste aree sono state progettate insieme agli abitanti che fruiscono dei servizi, ma soprattutto con i bambini delle scuole elementari che hanno potuto a loro volta dare una lezione di fantasia agli adulti. Ad esempio il tempietto del Giardino Gianni Rodari in Corso Moncalieri è stato realizzato su richiesta di una bambina di sette anni che desiderava un luogo dove poter meditare pur rimanendo in città.
Si vuole perciò rendere la cittadinanza parte sempre più attiva del lavoro d’equipe, integrando tra loro saperi provenienti da ambiti diversi, dall’urbanistica all’agronomia. Anche Paolo Miglietta, terzo relatore dell’incontro, nonché agronomo, sottolinea la difficoltà di inserire determinate speci vegetali sul territorio urbano, poiché non sempre è possibile disporre di piena terra. D’altra parte il verde industriale dismesso è una sconfitta per la società, pur reagendo, la trasformazione non è così automatica come si può credere: sotto ogni fabbrica abbandonata sono presenti almeno altre due fabbriche, quella del secondo dopoguerra e quella della prima industrializzazione. Come è possibile pensare, non sono mai state fatte bonifiche, per cui trattare questi terreni non è cosa facile, la linea da prendere, la scommessa è quella di trattare con suoli ricostruiti, derivati dalle macerie tritate.
Il Parco Dora, ovvero la Spina 3 è sicuramente il tentativo più riuscito, si tratta di un bestseller in Italia, grazie anche alla politica condivisa degli assessori che si sono succeduti negli ultimi quindici anni. Quest’area inizialmente contava un milione di mq, paragonabile solo a quella di Bagnoli e alle Aree Falck di Sesto San Giovanni. L’autostrada a quattro corsie di Corso Mortara è stata interrata e al suo posto sono nati il parco naturalistico e diversi centri commerciali ed abitativi. Gli stabilimenti Michelin, Fiat Nole e Savigliano non scompaiono nella memoria storica di Torino, il paesaggista tedesco Peter Latz che ha realizzato progetti di natura rigorosa e geometrica da applicare a quest’area lo sa bene e ha deciso di mantenere i simboli della ricchezza della città.
Oggi il nemico si chiama crisi: sono stati spesi 42 milioni di euro e si combatte affinché l’impatto energetico sia il minore possibile, usando materiali a bassa emissione di CO² e realizzando grandi zone verdi con il compostaggio dei rifiuti urbani, come dimostra il Parco della Colletta lungo le rive della Dora a Nord del capoluogo piemontese. Le città cambiano sotto ai nostri occhi, le skyline spesso s’identificano con gli stati d’animo dei cittadini, gli ingenti costi di realizzazione spesano sulle spalle degli esercenti, ma se il cambiamento favorisce la ripresa allora la vera scommessa è crederci.