La tenerezza
Gianni Amelio torna alla regia con una storia dai toni propri della sua filmografia
Liberamente ispirato al romanzo La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone, La tenerezza racconta la storia di Lorenzo (Renato Carpentieri), un tempo famoso avvocato, napoletano dal carattere bizzarro che ha scelto di chiudere i rapporti con i due figli, cercando l’isolamento e la solitudine. Appena rimessosi da un infarto, Lorenzo inizia a costruire un legame sempre più ravvicinato con i suoi nuovi vicina, una famiglia del nord con due coniugi (Elio Germano e Micaela Ramazzotti) molto diversi tra loro per carattere e inclinazioni,.
Gianni Amelio torna alla regia quattro anni dopo L’intrepido, con una storia dai toni propri della sua filmografia, drammatici, misurati e umani. Il tutto in una Napoli dai colori contrastati, impreziositi dalla fotografia di Luca Bigazzi, dove viene ambientata una storia familiare a tinte forti che si sviluppa con tanta comprensione per l’umanità dei suoi personaggi, anche quando scorbutici come Lorenzo o malconci e prigionieri di nevrosi, con le quali è difficile convivere, riuscendo sempre a non cedere al sentimentalismo.
La tenerezza è film difficile da definire, si parla di paternità, di abbandono, di rapporti e vite mai risolte, di famiglie allo specchio dove non mancano crepe, nelle quali non è scontato che un padre ami suo figlio, non è scontato che tutti sappiano essere genitori. Sicuramente il regista ti scuote con dolcezza, sussurrando all’orecchio che nel mondo degli affetti niente va dato per scontato;.
Il cast sembra ben assortito: ad un intenso Carpentieri, buon alter-ego di Amelio, e di chiunque senta di assomigliargli, che occupa orgogliosamente quasi ogni scena, fanno da contraltare tutti gli altri interpreti, ognuno con la sua particolarità, la svampita Ramazzotti, il nevrotico Germano, con accento del nord, e l’algida Mezzogiorno, tutti che triangolano bene, creando un mix che fino alla fine tiene alti i toni di un film, che forse pecca di un finale un po’ scontato, ma che sicuramente lascia il segno e sedimenta nello stomaco dello spettatore.
Foto Claudio Iannone